Chi meglio di Michele Marraffa poteva darci un parere qualificato su quanto sta accadendo in Italia ora con la serrata degli autotrasportatori? Alcune voci ci dicevano che non ha condiviso quanto sta accadendo per le strade di tutto il Paese. La sua è una grossa azienda, con più di un centinaio di mezzi per i trasporti eccezionali, quei camion che incrociamo sulle statali mentre trasportano pale eoliche o pezzi di Boeing. I suoi autisti sono tutti dipendenti, non utilizza i padroncini come l’Eni o l’Ilva, perchè “per quello che trasportiamo non si può essere solo autisti, bisogna essere qualificati“. Comunque lo sciopero ha toccato anche lui, un suo camion oggi pomeriggio era fermo insieme agli altri in via Taranto, all’ingresso di Martina Franca, nei pressi del semaforo per il passaggio pedonale.
“Le ragioni della protesta ci sono tutte” dice a Martina News, “il gasolio aumenta ogni giorno e non possiamo mica dire al nostro cliente che il prezzo concordato quindici giorni prima deve essere rivisto alla luce degli aumenti del carburante. Non ho condiviso il metodo della protesta, perchè il cittadino non è stato messo nelle condizioni di capire cosa stesse accadendo. Bisognava essere più eleganti: bastava lasciare i mezzi parcheggiati nei piazzali e dopo due giorni i cittadini si sarebbero resi conto di cosa accadeva, quando i distributori finivano il carburante e gli scaffali nei supermercati si svuotavano“. Nonostante la sua sia una grossa azienda, con un parco auto corposo e macchine che fanno tratte fino all’Inghilterra, i motivi dello sciopero toccano pure lui. “Il problema è che non abbiamo un sindacato abbastanza forte da farsi sentire. Infatti già la protesta sta scemando. Quindi la protesta è partita in maniera confusa: prima in Sicilia, poi a Napoli, quindi in tutta Italia”. Sarà, eppure ieri a Taranto ci hanno detto che è almeno un mese che si preparano, che fanno riunioni, che si organizzano. Questa volta il problema è stato la mancanza di un sindacato che ha indetto lo sciopero: non c’è stata nessuna comunicazione e quindi i mezzi sono usciti come se nulla fosse.
Approfittiamo della sua esperienza e ci facciamo un po’ spiegare quale situazione vivono i trasportatori in Italia. Marraffa non usa mezzi termini, i problemi ci sono e sono ben definiti: “Innanzitutto il carburante: il prezzo aumenta in continuazione, sia al barile che alla pompa. Le grandi aziende inseriscono nei contratti una clausola per la quale possono variare il prezzo in base al costo del carburante, ma i piccoli non hanno questa forza. Quindi ci sono le assicurazioni e la manutenzione. Il prezzo al kilometro per un trasporto, se va oltre i 5oo kilometri, è di 1,3 euro a km. Solo che alcune aziende fanno prezzi al ribasso, concorrenza sleale, e arrivano a farsi pagare anche solo un euro. Poi ci sono i trasportatori stranieri, che si fanno pagare l’Iva ma non pagano le tasse in Italia, che non si sa nemmeno dove andare a trovarli per chieder loro i soldi delle multe“.
Proposte? “Sicuramente trovare forme di protesta più eleganti. Non si può scegliere di creare disagi anche ad altre categorie che non c’entrano nulla. Se gli autotrasportatori protestano i risultati si vedono in pochissimi giorni, non c’è bisogno di bloccare le strade. Ne va dell’immagine, il cittadino rischia di non capire. Poi per quanto riguarda una possibile soluzione, lo Stato, che è responsabile di una grossissima parte del costo del carburante, potrebbe decidere di far variare il rimborso delle accise in proporzione al costo del gasolio“.
Nel frattempo, la serrata continua, anche a Martina Franca.
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