La purezza è una categoria pericolosa, pericolosissima. Se applicata alla politica, poi, fa produrre Zyklon B. In politica si dovrebbe parlare di rappresentanza, e quindi di istanze legate alla rappresentanza. In un momento politico e sociale di forte tensione, come quello che stiamo vivendo, in cui serve una ricetta, o un insieme di ricette per uscire dalla crisi, bisogna scegliere cosa sacrificare. Da una parte si propone di salvare il sistema così come lo conosciamo, mascherando lo spostamento del luogo del potere geografico dalla capitale dello stato-nazione a luoghi non ben definiti, inseguendo il capitale (uso termini novecenteschi, se non siete d’accordo vi consiglio di leggere Carlo Formenti) che non è più legato alla produzione ma alla finanza. Per far questo si deve sacrificare la spesa pubblica in nome di un pareggio di bilancio che non può essere un vincolo, considerando che si parla di esseri umani (vedi lo sforamento della Puglia). Dall’altra parte invece si chiede la tutela dei diritti e la difesa dei beni comuni, unica fonte di ricchezza sociale, capaci di garantire il benessere, ma non il profitto sconsiderato. Ricchi sì, ma non sulla pelle degli altri. Il centro politico in Italia è rappresentato da quelli che una volta avrebbero fatto bella figura a destra, cioè ricchissimi imprenditori e professori filobanchieri. Indi per cui, se il centro è la destra, il centrosinistra è il vero centro (basti considerare che a Martina è rappresentato da un’area filoFioroni). Utilizzo “destra” “centro” e “sinistra” in riferimento alla rappresentanza delle istanze delle classi di cittadini che dovrebbero rappresentare. Va da sè che la sinistra non è la sinistra che vuole abolire la proprietà privata ma, paradossalmente, quella che vorrebbe proteggerla dall’aggressione di uno Stato cannibalizzato dalla Finanza. E nella proprietà privata rientrano ormai i diritti, che difendiamo spesso da soli e non insieme a chi riconosciamo vicino.
La politica, ormai ridotta al guscio vuoto del compromesso tra interessi locali e interessi personali, ha abbandonato ufficialmente la funzione di guida, assunta perché esprimeva una visione, ed è diventata sede del contratto tra l’elettore e l’eletto, ovvero un rapporto uno a uno che non sempre esprime l’interesse naturale della classe di riferimento.
Parlare di centralismo, di convergenza al centro, non è che utilizzare tecniche di propaganda prive di reale contenuto, considerando che non si fa altro che agitare lo spettro dei “comunisti” da una parte e dei “fascisti” dall’altra. Chi sono e chi rappresentano queste due categorie ora, in Italia, meriterebbe una discussione a parte. Chi parla del fatto che per vincere bisogna guardare al centro mente sapendo di mentire perché le elezioni le vince chi riesce a stimolare gli elettori che altrimenti rimarrebbero a casa, mettendo in atto “discorsi” capaci di solleticare l’emozione pubblica, la pancia, ovvero produrre una visione. Per questo motivo la candidatura di Vincenzo Angelini e di Anna Finocchiaro, risultati simili per dinamiche totalmente diverse, rappresenta la realizzazione di quanto detto prima. Il primo è un esponente di un partito che non ha mai chiarito da che parte stare, se non al centro, capace di essere alleato del centrodestra e del centrosinistra, che non esprime un’istanza di classe o di rappresentanza, ma è portatore, lo si legge dai suoi più strenui sostenitori su Facebook, del solo valore dell’essere “bravo ragazzo”. Che poi sia avvocato, commerciante, interista, leninista, o quant’altro, non è importante, perché il voto è ormai un contratto uno a uno. Così la Finocchiaro, senatrice siciliana, che non avrebbe bisogno di candidarsi, considerando il fatto che fa parte del “listino” di Bersani, invece si candida a Taranto per stimolare la partecipazione al voto, producendo uno scossone e una crepa nel delicato equilibrio di interessi delle aree politiche interne al Partito Democratico. Si dice che siano i “barbari” alle porte, ovvero cambiamenti così radicali contro cui è inutile combattere. Per questo motivo siamo sempre più convinti che servano forme di partecipazione più smart, capaci non solo di essere consultive, ma anche di deliberare, spostando il potere legislativo sempre più vicino ai cittadini che a seconda delle necessità si organizzeranno in gruppi portatori di interessi. Benvenuti nella società liquida.
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