Oggi, 27 gennaio 2013, come ogni anno da 68 anni, è il giorno dedicato alla memoria, al ricordo, una giornata dedicata alle atrocità di un passato drammatico nella storia dell’umanità, forse la pagina più oscura, ma purtroppo non l’unica.
Molte autorità religiose, politiche, o professori e sopravvissuti oggi ricordano la Shoah utilizzando queste parole. Gianfranco Chiarelli, coordinatore cittadino del PDL di Martina Franca e candidato alla Camera nelle liste dello stesso partito, a proposito di memoria ha diffuso una nota stampa, riprendendo le parole che il Papa ha pronunciato durante l’Angelus di oggi, che riportiamo integralmente di seguito:
“Sono trascorsi ormai 68 anni da quel lontano 27 gennaio del 1945, quando le truppe Russe liberarono i pochi superstiti del campo di concentramento di Auschwitz, ma il ricordo di quella che può definirsi una delle pagine più drammatiche della storia della umanità è sempre vivo, e va mantenuto e doverosamente trasmesso alle nuove generazioni, affinché mai più si creino condizioni per il ripetersi di simili atrocità. La Shoah, come qualunque altra forma di sterminio di massa, che pur in misura diversa e con minor clamore si sono ripetute nel tempo, penso per tutte alla strage delle Foibe, come alle più recenti pulizie etniche in Bosnia, piuttosto che alle varie guerre ispirate dall’integralismo religioso, rappresentano una macchia indelebile per le nostre coscienze e ci impongono un impegno rigoroso nella ricerca di forme di convivenza civile e pacifica, in un modo sempre più popolato e sempre più tendenzialmente conflittuale. Insieme al ricordo abbiamo tutti il dovere di agire perché si affermino gli alti valori della libertà, della democrazia, della dignità umana.”
Il libro nero dell’umanità viene quotidianamente aggiornato, ma alcune pagine, alcune storie, diventano più importanti di altre.
Ma cosa vuol dire memoria?
La memoria, più che una serie di dati raccolti ordinatamente, è una confezione di impressioni altrimenti vaghe, disperse e acconciate, in cui quel che si tralascia, si elimina e si taglia inevitabilmente è molto più di quel che rimane. Lévi-Strauss in proposito osservò: “La ricerca è composta di parti scritte in circostanze e in epoche differenti, si tratta di disporle in un ordine soddisfacente, vale a dire conforme, alla concezione che si ha della veracità. Spesso bisogna lavorare con i ‘resti’ del passato“. Così la memoria collettiva di una comunità viene creata, può essere esterna e interna all’individuo in quanto condivisa, ma trasmessa e anche costruita dal gruppo o dalla società.
Il passato non è altro che un insieme di fatti racchiusi in un enorme contenitore dal quale vengono estratte, come in un sorteggio truccato, solo la parte che più interessa ad una comunità.
Pierre Nora definiva la memoria collettiva come “il ricordo, o l’insieme dei ricordi, di un’esperienza vissuta o mitizzata da una collettività della cui identità fa parte integrante il sentimento del passato”, questa fu la base per l’egittologo e antropologo Jan Assmann per la creazione del concetto di “memoria culturale“.
Questo non vuol dire sminuire l’importanza che ha la memoria, il ricordo di un passato che occorre tenere vivo nella memoria storica da una generazione all’altra affinché non si ripeta due volte allo stesso modo.
Per questo conviene ricordare anche il genocidio del Ruanda, tra 800.000 e 1.000.000 di persone uccise, massacrate in nome di un conflitto etnico in gran parte frutto del dominio coloniale europeo (Olanda e Belgio) che accentuò e caricò di valore le differenze tra Hutu e Tutsi, oppure come il conflitto del Darfur, una guerra che trova le sue radici nella dominazione brittanica e che conta un numero non ben definito di morti, si va dai 50 mila secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ai 450 mila morti secondo le ONG (Organizzazioni Non Governative) che operano sul campo.
E come non parlare, oggi, di quello che sta accadendo in Etiopia dove si sta massacrando un’intera tribù, quella dei Suri, in nome del denaro e dell’esproprio. La costruzione di una diga, già realizzata e crollata due anni fa dall’azienda italiana Salini con il cofinanziamento del Governo italiano, che potrebbe lasciare a secco circa 250 mila etiopi, molti di questi appartenenti proprio alla tribù dei Suri, bloccando le piene del fiume Omo che alimenta agricoltura e pascolo.
Insomma, nella giornata della memoria si consiglia di non dimenticare una parte della storia che ha avuto, e ha, le stesse conseguenze, cause e interessi del genocidio più famoso della storia, quello degli ebrei per l’appunto.
Lascia un commento