Premio Pieve 2013, concorso per scritture autobiografiche. Tra i finalisti un martinese

MARTINA FRANCA – Si chiama Donato Vinci uno degli otto finalisti del Premio Pieve Saverio Tutino, il concorso per scritture autobiografiche promosso dall’Archivio diaristico nazionale che avrà luogo a Pieve Santo Stefano dal 13 al 15 settembre 2013, nato nel 1894 a Martina Franca, ma cresciuto a Roma dove lavorava come agente di custodia.

Italia, Libia, Serbia, India, Iraq, Malawi. Roma, Torino, Taranto, Genova, Viterbo. 1932, 1894, 1913, 1940, 1905, 1980, 2010. Colonialismo, immigrazione, guerra, prigionia, amore, genitorialità, lavoro, viaggi, patria, ideali. Questi i luoghi, queste le date, queste le parole chiave che emergerebbero da un’ipotetica “tag cloud” degli otto testi giunti in finale alla 29esima edizione del Premio. Degli otto testi giunti in finale, due ruotano intorno al tema della Prima Guerra Mondiale, altri due a quello famiglia, ancora due trattano i temi del viaggio e della ricerca di sé mentre uno è circoscritto alla Seconda Guerra Mondiale e un altro all’emigrazione.

Donato Vinci ha iniziato a scrivere le sue memorie subito dopo aver compiuto 80 anni  con uno sguardo diretto a un periodo specifico della sua vita che va dalla nascita, avvenuta nel 1894 a Martina Franca, fino al 1931 quando lavora a Roma come agente di custodia.

Di seguito una breve biografia tratta dal sito ufficiale del concorso archiviodiari.org:

Cresce in una famiglia di contadini e piccoli possidenti che dopo una serie di traversie economiche, dovute a contrasti con i vicini e parenti, si ritrova in miseria: “per grande necessità fui avviato al lavoro, quando avevo ancora otto anni è mezzo; Però il mio povero Babbo, molto dispiaciuto di ciò, è mi promise di mandarmi alle scuole serali, finché avrei voluto andarci, che così fù; Ma non tanto profitto potetti fare, perché quando mi ritiravo alla sera tardi dal lavoro, ero sempre molto stanco. Quando avevo appena dieci anni vi andiedi a lavorare per la prima volta nelle calabrie, insieme al mio povero Babbo”. 

Nonostante le difficoltà Donato ha la fortuna di crescere in una famiglia onesta ed unita, dove l’affetto e il rispetto reciproco aiutano i componenti a superare la miseria e la fatica e a mantenere la fiducia in un domani migliore. Che però tarda ad arrivare: dopo anni di stenti, e proprio quando i bilanci familiari cominciano a risollevarsi, scoppia la Prima Guerra Mondiale e Donato viene arruolato e spedito al fronte. Dopo cinque giorni dal suo arrivo in trincea partecipa alla battaglia del San Michele e viene preso prigioniero dagli austriaci e deportato in Serbia, dove sarà destinato al lavoro di disboscamento e alla costruzione di una ferrovia. Il suo carattere mite gli sarà di grande aiuto per sopportare il lungo periodo di reclusione, la lontananza da casa, gli stenti e la fame.

Fin quando l’evoluzione del contesto bellico non gli offre l’occasione per riguadagnare la libertà: “mentre aspettavo sulla via che veniva da Alessandrovac, fui avvicinato da un giovane serbo, che mi rivolse le seguenti parole: Colleco italiano, sentite il mio consiglio, io con questa carovana veniamo da Alessandrovac, ove tuona attualmente il cannone. Vuol dire che i nostri avanzano, non passerà che pochissimi giorni per essere liberati dai nostri, o dai nostri alleati. Dunque ti scongiuro non andare più con gli austriaci e cerchi di nasconderti in qualche luogo, onde non farti trovare così fra poco sarai liberato, e potrai andartene in Italia, mentre se fai al contrario, chi sa quanto duri ancora la guerra ed ha subirne la prigionia per molto tempo incerto. Così detto mi concedai dal giovane serbo, con la testa assorta in mille pensieri”. 

Con un gruppo di compagni sceglie coraggiosamente di non seguire la ritirata dell’esercito austriaco: decide di dirigersi verso Sud, fino ad arrivare a Salonicco dove, dopo essersi imbarcato su una nave italiana, rientra in patria. Dopo la guerra non riprenderà il lavoro nei campi, ma si impiegherà nella polizia penitenziaria. Durante tale impiego si dedicherà alla rilegatura di libri e ad altri lavori manuali, addestrato anche da competenti “reclusi” addetti al laboratorio del penitenziario. Nel tempo libero frequenterà a Roma musei, gallerie d’arte e una scuola serale di disegno.

Di seguito gli otto finalisti

Adriano Andreotti – Patrie ingrate”, memoria 1932-1967
Filiberto Boccacci – Scoppi irregolari”, epistolario 1913-1918
Valerio Daniel De Simoni – “Sulla scia di Valerio Daniel De Simoni”,diario/blog/mail/lettere 2010-2011
Maria Sofia Fasciotti – “La mia casa deserta”, diario 1948-1971
Francesco Leo e Annamaria Marucelli – “Yol-1511”, epistolario 1940-1946
Francesco Sartori – “Con occhi di padre”, diario 1905-1910
Rosario Simone – “Musafir”, memoria 1980-1990
Donato Vinci – “Ma Donato andò a Sud”, autobiografia 1894-1931

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