Caos all’Asl di Taranto, questa volta non per problemi tecnico-sanitari, ma legati bensì ad un concorso pubblico bandito con apposita determina dirigenziale del 11 dicembre 2014. Sul tavolo 8 posti a tempo indeterminato per collaboratore amministrativo, per i quali veniva richiesto come requisito di ammissione un qualunque diploma di laurea del vecchio ordinamento o laurea triennale e/o specialistica.
Bene, si tratta di uno sbocco occupazionale, piccolo ma comunque importante in una fase socio-economica caratterizzata da elevata disoccupazione. Tante infatti sarebbero le domande pervenute a Taranto, da giovani con titoli di studio dei più vari, attratti dalla concreta possibilità di dare una svolta alla propria vita.
Ma allora dove sarebbe il problema? Proprio in quest’ultimo passaggio: nella determina del bando infatti non è stato richiesto un titolo di laurea specifico, ma generico. Questa parrebbe una prassi già sperimentata e che in passato ha anche causato qualche ricorso, ma stavolta la storia è diversa.
Il nuovo direttore generale Stefano Rossi ha infatti bloccato tutto, a soli due giorni dal termine per la consegna delle domande, facendo riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n.220 del 2001, e nello specifico all’articolo 47, che fissa tra i requisiti specifici per l’ammissione un “diploma di laurea corrispondente allo specifico settore di attività da indicarsi nel bando di concorso in relazione alle esigenze organizzative dell’azienda sanitaria”.
A quel punto Rossi si accorge che l’intero procedimento è a rischio di contenzioso, mandando al contempo al dirigente che ha predisposto il bando (il direttore Nicolì) la richiesta di annullamento in autotutela, giunta lo scorso 10 febbraio con la delibera n.133.
A questo punto pare probabile che il bando venga rimodulato, inserendo nei requisiti l’ottenimento di una laurea “corrispondente allo specifico settore di attività”, quindi Scienze Politiche, Economia e Commercio e Giurisprudenza.
Ultime circostanze a parte, all’Asl di Taranto i posti da amministrativi hanno già creato grattacapi in passato. Nel gennaio 2013 fu indetto un avviso mediante mobilità di 30 posti, riservati quindi a personale già idoneo in altri concorsi e occupato in altre amministrazioni. Nell’agosto 2014 nuovo avviso: 20 i posti, mentre per gli altri 10 occorreva predisporre un concorso. Allo stesso tempo si preparano le modalità di selezione per la mobilità, con 20 punti massimi per i titoli già conseguiti, da sommare a quelli del colloquio, che doveva avere un punteggio minimo di 21/30. Anche qui ad un certo punto arriva la richiesta di revoca in autotutela, nella parte facente riferimento al punteggio minimo da conseguire in fase di colloquio. Dalle carte risultava infatti che erano pervenute 26 domande, con 18 aspiranti che avevano deciso di partecipare al colloquio. Di questi 18, la metà conseguiva un punteggio sufficiente (quindi maggiore di 21/30) mentre gli altri 9 risultavano non idonei. Ma proprio il punteggio minimo è stato ritenuto “privo di effettiva utilità”, perché ha prodotto una circostanza incredibile: il personale non idoneo, per effetto del punteggio inferiore a 21/30, in alcuni casi risultava aver conseguito un punteggio per titoli di gran lunga superiore a quello dei ritenuti idonei.
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