Morire di lavoro. Una strada per Angelo Marotta

La mattina del 12 giugno scorso, tra viale Stazione e il cavalcavia, uno sparuto gruppo di persone ha commemorato la morte di Angelo Marotta, operaio di Martina Franca morto affogato a causa di un’ondata di melma nelle fogne. Era il 31 ottobre 2005 e da quando l’amministrazione Ancona si è insediata, Franco Massafra e il Partito dei Comunisti Italiani ha fatto subito la richiesta perchè venisse intitolata una strada a quell’operaio. L’unica risposta ufficiale è stata quella di Aldo Leggieri, con un post su facebook.

Tutta la commozione e la partecipazione per quanto accaduto ad Alessandro Morricella, una città intera a fare il tifo per lui, non è una cosa che accade tutti i giorni. I tantissimi amici di Alessandro hanno fatto in modo che la sua morte non passi così come sono passate tante altre, a cominciare da quella di Marotta.

Non si muore di Ilva, si muore di mancata prevenzione, di mancate misure di sicurezza. Si muore perchè qualcuno in un momento preciso prende la decisione sbagliata. L’Ilva non uccide, sono gli uomini a farlo. Forse uscire fuori dall’identificazione dell’Ilva come mostro, capace di uccidere, di inquinare, quindi di prendere decisioni in tal senso, aiuterebbe di molto la comprensione del problema. Forse rende tutto più complicato, ma l’Ilva non inquina perchè è la sua natura, ma perchè qualcuno ha scelto di non procedere con l’ambientalizzazione. Gli operai non muoiono perchè l’Ilva si ciba delle loro carcasse, ma perchè qualcuno non forma sulla sicurezza, non controlla, non pretende che vengano prese le adeguate misure. E per onestà intellettuale dobbiamo pure ammettere che a volte sono gli stessi lavoratori a non badare troppo alla sicurezza. Ma la responsabilità, non sta solo da una parte. Piangere, dopo, serve a poco se non si traduce in gesti concreti.

Il tema delle morti bianche è complesso. La morte di Andrea Franchini, operaio Ilva morto a marzo di quest’anno mentre andava al lavoro, come deve essere considerata?

Dal 2003 a oggi sono state dodici le morti all’Ilva, solo all’Ilva. Un numero enorme, eppure poca roba rispetto alle vittime totali del 2014: 660, secondo l’Osservatorio Indipendente dei Caduti sul Lavoro di Bologna. Tantissime, troppe.

Uno dei modi più concreti, secondo noi, perchè questa strage non venga solo ricordata a seconda dell’onda emozionale di un fatto di cronaca, ma entri profondamente nelle nostre coscienze, è ricordare i nomi delle vittime e le loro storie. Noi ci abbiamo provato, ricordando quelle dell’Ilva:

  • Il 12 giugno 2003 muoiono all’Ilva Paolo Franco e Pasquale D’Ettorre, di 24 e 27 anni. Paolo di San Marzano di San Giuseppe, Pasquale di Fragagnano. Morirono sbalzati dalla gru su cui lavoravano. Per ricordare questa vicenda, un ex operaio Ilva , Cosimo Semeraro, organizza il Comitato Vittime del Lavoro e del Dovere e il 12 giugno sarà per sempre la Giornata della Memoria dedicata alla morti bianche.
  • Il 18 aprile 2006 Antonino Mingolla, vicecapocantiere della CMT, di Mesagne. Morì a causa di una nube tossica che si era sviluppata mentre sostituiva una valvola della rete gas.
  • Vito Rafanelli è morto il 22 agosto 2006. Era di Molfetta ed è morto il giorno del suo compleanno, compiva 33 anni. Un pesantissimo tubo gli è caduto addosso mentre stava sbloccando una cianfinatrice.
  • Gjoni Arjan il 21 aprile 2008 cadde da una torre del reparto LAF. Aveva 47 anni e lavorava da più di diciannove ore.
  • Il primo luglio 2008 è toccato a Antonio Alagni, operaio tarantino di 45 anni, dipendente una piccola impresa napoletana. Era sul posto di lavoro quando venne centrato alla testa dal gancio di una gru (fonte)
  • L’11 dicembre 2008 è toccato a Jan Zygmunt Paurowicz, operaio polacco, di 54 anni. Ancora una gru, all’1.30 di notte. Era il suo ultimo giorno di lavoro, stava smontando, quando un pezzo ancorato ad una gru gli è precipitato in testa dall’altezza di dodici metri.
  • Il tornado che ha investito Taranto nel 2012 ha fatto cadere in mare la gru su cui lavorava Francesco Zaccaria, il 28 novembre 2011. Aveva 29 anni, era di Talsano. Il suo corpo è stato trovato a trenta metri di profondità, due giorni dopo.
  • Ancora una gru. Ciro Moccia il 28 febbraio 2012. Aveva 42 anni. E’ precipitato da una passerella, alle 4.40 di notte. Era di Portici ma viveva a San Marzano di San Giuseppe. Aveva una moglie e due figlie, come Alessandro Morricella.
  • Claudio Marsella è morto il 30 ottobre 2012. Schiacciato tra un vagone e la motrice nei pressi dei moli interni. Era di Mesagne, aveva 29 anni.
  • Angelo Iodice è stato schiacciato da un macchinario. Lavora per la Global Service di Salerno. Aveva 54 anni ed è stato schiacciato da un mezzo meccanico mentre lavorava sui binari dell’Acciaieria 1.

(fonte foto)

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