Ieri è stato il giorno della difesa, per il caso dell’omicidio di Annina Brigida, avvenuto a Martina Franca nel 2013. Diverse ore di dibattimento per tentare di scardinare la tesi del pm. Secondo l’avvocato Vito Cito, che difende Giuseppe Montanaro, la tesi accusatoria si basa solo su indizi, in particolare non ci sarebbe nulla che vedrebbe il suo assistito effettivamente collegato alla rapina che poi è sfociata nell’omicidio della novantenne: “Anche ammettendo che Montanaro fosse davvero presente, non si poteva rappresentare secondo uno sviluppo logicamente prevedibile la configurabilità di un reato più grave. Non poteva cioè sapere che all’interno della casa ci fosse qualcuno“. Le accuse nei confronti di Montanaro, D’Aversa e Luprano si basano su dichiarazioni del secondo in cui sono coinvolti anche gli altri imputati. In sintesi, è D’Aversa ad autoaccusarsi e accusare gli altri due. Per Giuseppe Montanaro l’avvocato Cito ha chiesto l’assoluzione: “Essendo le dichiarazioni di D’Aversa anche autoaccusatorie, dovevano essere riscontrate meglio e con più attenzione con elementi esterni che potessero dimostrare le sue parole“.
La storiaccia risale al 7 maggio 2013, quando Annina Brigida, una novantatreenne che abitava in via Manzoni, nei pressi di Piazza Plebiscito, fu uccisa durante un tentativo di furto che portò, secondo la ricostruzione degli inquirenti, ad intascare una somma di 150 euro. Una morte per pochissimi spiccioli, per la quale il pm Remo Epifani ha chiesto la condanna a 23 anni e sei mesi di reclusione per Nico D’Aversa, accusato anche di rapina, Giuseppe Montanaro 21 anni di reclusione, per Andrea Luprano 18 anni e sei mesi, per Pierpaolo Calella, Francesco Scarcia e Mattia Cardone 16 anni, 9 mesi chiesti per favoreggiamento a Fabiana De Vito (per il furto di effetti personali da un campo di calcetto) e 2 anni e nove mesi per Luigi Luprano (padre di Andrea) per furto di legna e incendio di un’auto.
La prossima udienza è prevista il 7 luglio. Il 21 luglio la Corte d’Assise si riunirà in camera di consiglio per deliberare sulla sentenza.
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