La situazione dell’Ilva di Taranto si sta facendo sempre più drammatica, quasi grottesca. Due operai suicidi in un mese, diversi incidenti, di cui due solo nella giornata di ieri, e l’apertura di una indagine da parte della Commisione Ue per presunti aiuti di Stato all’acciaieria che da sola produce acciaio quanto alcuni Paesi europei messi insieme. Nel frattempo tre commissari chiedono danni per due miliardi ai Riva e Renzi punta il dito contro le lobby dell’acciaio. Oggi Confindustria Taranto, in accordo con i sindacati metalmeccanici Fiom, Fim e Uilm, inviano questo comunicato alla stampa:
L’Ilva: attualmente, una situazione drammatica che rischia di esplodere se non si adotteranno, a breve, azioni anche di carattere straordinario per scongiurare il tracollo: della fabbrica, dei lavoratori, dell’indotto, della città.
E’ questa, in breve, la valutazione emersa dall’incontro tenuto in Confindustria, alla presenza del Presidente Vincenzo Cesareo, fra i componenti il consiglio direttivo della sezione metalmeccanica- presente il Presidente Pietro Lacaita- ed i segretari generali di Fim Fiom e Uilm di Taranto Valerio D’Alò, Giuseppe Romano e Antonio Talò.
La situazione è tale da far temere il cosiddetto collo dell’imbuto, che una volta imboccato non può più consentire alcun margine di manovra: la cessione dei complessi aziendali dell’Ilva e l’avvio delle procedure per il trasferimento delle aziende che fanno capo alle società del gruppo, ora in amministrazione straordinaria, si stanno infatti velocemente concretizzando: dal 10 gennaio scorso, si sono aperti i trenta giorni concessi dall’avviso internazionale per la presentazione delle manifestazioni di interesse dei gruppi e delle società interessate all’acquisizione.
Cosa sta succedendo nel frattempo? Confindustria e sindacati si sono interrogati brevemente e la situazione è apparsa subito, da entrambe le parti, particolarmente critica.
I numeri sono, più di ogni altro aspetto, a parlare chiaro: ad oggi sono 1021 i dipendenti dell’appalto in cassa integrazione, ordinaria e straordinaria; 136 le procedure di licenziamento già concluse e 3.510 i dipendenti diretti con contratto di solidarietà.
Le aziende dell’appalto, già penalizzate fortemente dai crediti pregressi e mai ottenuti, si trovano in una situazione di stand by dovuta al fermo pressoché totale della produzione. I dipendenti della fabbrica, dal canto loro, guardano al futuro imminente senza alcuna garanzia e oramai pochissime certezze. I processi di ambientalizzazione sono al palo, in vista probabilmente degli scenari che si delineeranno da qui a breve con l’ingresso dei privati.
La città, manco a dirlo, risente pesantemente della fase di stasi – oramai molto lunga –che la vicenda ha inevitabilmente provocato, e gli ultimi provvedimenti del Governo, fra cui le risorse rivenienti dalla legge di stabilità, appaiono insufficienti e comunque non di immediata fruizione.
Il sistema Taranto, insomma, rischia un tracollo senza ritorno.
Confindustria – è stato ribadito nel corso dell’incontro – non può rimanere inerme davanti ad una crisi di queste proporzioni; i sindacati, dal canto loro, hanno nei giorni scorsi inscenato una protesta in consiglio comunale coinvolgendo anche i sindaci degli altri comuni per fronteggiare una situazione che inevitabilmente coinvolge tutta la provincia; contestualmente, hanno programmato una serie di incontri con le rappresentanze sindacali dell’indotto per stabilire i provvedimenti da intraprendere. Successivamente al 10 febbraio, data in cui si concluderà il primo step di cessione ai privati dell’Ilva, sono in calendario incontri serrati con i consigli di fabbrica per adottare tutte le azioni che si riterranno opportune.
Da qui la decisione dei presenti di continuare a vedersi per delineare strategie comuni e coinvolgere le istituzioni del territorio ed altre organizzazioni datoriali (commercianti, artigiani ecc.) al fine di sensibilizzare il governo sulla drammatica situazione in atto.
Confindustria e sindacati, intanto, hanno calendarizzato una serie di incontri per fare il punto sui passaggi da concretizzare dopo il 10 febbraio prossimo, non escludendo – per i rispettivi ambiti di competenza- azioni, anche clamorose, di protesta e mobilitazione.
Lascia un commento