Per l’ennesimo anno consecutivo la nostra città, Locorotondo, uno dei borghi più belli d’Italia, non ricorda, non commemora il giorno della Memoria. Strano, eppure questa è una ricorrenza ormai internazionale celebrata, grosso modo, in quasi tutto il mondo per ricordare le vittime delle stragi naziste. Dal 2005 ad oggi, ogni 27 di gennaio si celebra la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz grazie all’intervento dell’Armata Rossa e in seconda battuta degli americani.
La Valle d’Itria ricorda questa giornata con una miriade di appuntamenti, tanti piccoli eventi che fanno bene alla nostra memoria. A Locorotondo questo non accade. Locorotondo non ricorda.
Ma a pensarci bene tanto strano non è. Chi scrive, si è chiesto che fine hanno fatto oggi le istituzioni, quelle che festeggiano qualsiasi cosa, che commentano qualsiasi appuntamento con “la storia”, a dir la verità quella con la “s” minuscola perché il più delle volte si riferisce alla cronaca del presente, più che a un passato lontano.
Forse perché è difficile parlare di memoria, è difficile oggi raccontare che un popolo guidato da un folle abbia giudicato un altro popolo per la razza, o perché apparteneva a un’area geografica diversa, è difficile raccontare che sempre quel popolo abbia giudicato altre persone una diversa cultura, per diversi gusti sessuali, per diversa appartenenza politica. Sembra essere passata una eternità da quel 1942 quando a Wannsee si decise “la soluzione finale”, vale a dire, lo sterminio di un popolo e in seguito di tutti i dissidenti di quel regime totalitario, eppure oggi, se ci si fa caso, sta succedendo esattamente la stessa cosa e con le stesse modalità di quel 20 gennaio di 74 anni fa, quando quotidianamente si mette alla gogna mediatica un “popolo”, una “razza”, una religione diverse dalla nostra.
Oggi fortunatamente sul carrozzone della memoria chiunque potrà salire grazie ai film che saranno trasmessi sulla maggior parte dei canali del digitale terrestre. Sembra più che altro che questa giornata più che a ricordare serva a smaltire cinematografia e letteratura di settore.
Anche se dalla sua istituzione abbiamo voluto fare i conti con la storiografia politicamente schierata e inevitabilmente abbiamo dovuto paragonare Auschwitz, il giorno della memoria con le foibe, con l’esodo istriano e con la giornata del ricordo.
Diventiamo così immediatamente giudici e censori allo stesso tempo: bravi a giudicare e a mettere tutto sullo stesso piano e tagliare la storia, il nostro recente passato con la scure dell’ignoranza.
La memoria invece, non andrebbe commemorata andrebbe esercitata tutti i giorni e se ci si fa caso è l’insegnamento che uno dei padri della storia, Cicerone, ci ha tramandato nel “De oratore” quando ci ha raccontato quello che capitò a Simonide di Ceo durante un banchetto. L’inventore dell’arte della memoria infatti, sfuggì miracolosamente al crollo di una sala in cui si trovava a banchettare con altri invitati e riuscì a identificare i corpi dei commensali, resi irriconoscibili dalle ferite, ricordandosi il posto che occupavano a tavola. Da questo evento Simonide ricavò l’importanza nell’esercitare la memoria.
Ma oggi, 27 gennaio 2016 esercitare la memoria significa ricordare gli ebrei nei campi di concentramento? O i palestinesi? O i bambini siriani annegati nel Mediterraneo? O i profughi che scappano dalle loro terre natali? O gli omosessuali? O la famiglia tradizionale?
Esattamente oggi quando vi incontrerete per la strada, nei bar, cosa vi racconterete? Cosa risponderete ai vostri figli, nelle vostre tiepide case, quando vi chiederanno che cosa si commemora oggi? Riuscirete a raccontare di quella volta quando un popolo è stato giudicato colpevole di essere “diverso”?
Riuscirete ad avere la forza di nascondere quell’atroce verità che siccome “È accaduto, quindi potrebbe accadere di nuovo…”.
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