Locorotondo incontra l’Appia di Rumiz

 

“Mentre noi camminavamo, dietro le manomissioni, gli sbarramenti che evidenziavano la disperata ignoranza storica degli italiani in noi emergeva la grandezza della via Appia”.

Comincia così, con questa istantanea il racconto di Paolo Rumiz, ieri sera presso la libreria L’Approdo di Locorotondo, presentato da uno  che di passi ne ha consumati tanti: Peppino Palmisano.

 Una serata davvero speciale aperta naturalmente dalla padrona di casa, Angela Cardone,  visibilmente emozionata dalla presenza e dai temi toccati dall’Appia (Feltrinelli) del giornalista triestino.

Un excursus magnifico, un narratore eccezionale Rumiz si conferma uno degli scrittori più importati nel panorama italiano e della narrativa da viaggio.

“Io vengo dal mondo dell’acciaio, dalla ferriera,  sono la persona meno appropriata per presentare questo libro, sono solo un modestissimo lettore – apre le danze così Peppino Palmisano- ma sono rimasto prigioniero di Rumiz dalla lettura dei suoi “Monti naviganti”. I suoi scritti hanno dei tratti comuni  e quando li passi al setaccio  diventa difficile fare sintesi perché Rumiz non percorre solo gli spazi ma il tempo” .

Dal racconto dello speleologo locorotondese viene fuori un Rumiz non lontano da quello che si legge sulla targa a Peretola dedicata a Garibaldi che cita che  il condottiero dei due mondi non conquistò l’Italia  ma la  restituì al popolo. Ed è proprio questo il sogno del camminatore e scrittore giuliano: “restituire questo monumento che è l’Appia agli italiani”.

Un cammino quello intrapreso dall’autore perché: “non sopportavo di avere dei luoghi che non conoscevo quando aprivo la mappa geografica dell’Italia, ho scelto l’Appia anche per curiosità. Chi sene frega dei luoghi che mi assomigliano,  sono stato incuriosito dalla natura diversa della terra nella quale vivo anche se poi si scopre che siamo figli della stessa terra così simile nel paesaggio,  no ho trovato nessuna differenza tra il carso triestino, l’Istria,  il Tavoliere o il Gargano”.

Un viaggio quello di Rumiz che parte da lontano: dal 2002 con  la traversata dell’Italia in treno (L’Italia in seconda classe), poi nel 2006 con il suo viaggio alla riscoperta degli Appennini con una Fiat Topolino, l’anno successivo invece  segue l’ombra di Annibale passando per Canne  fino alla Calabria, nel 2009 con svariati mezzi di trasporto scrive a puntate di un viaggio lungo le linee geologiche della penisola, raccontando l’Italia che balla con i suoi terremoti . Poi ritorna nuovamente ancora una volta al sud per cantare  l’impesa di Garibaldi, e ancora  le città morte, le fabbriche dismesse e le miniere abbandonate e non contento racconta.

Parte questa volta da Roma il viaggio a piedi lungo l’Appia Antica, in bilico tra sdegno e incantamento, nel segno di Orazio, che scrisse una celebre satira sulla Regina Viarum, e di Antonio Cederna, che si batté per tutta la vita per salvaguardare l’Appia dalle speculazioni edilizie.  “Tutti hanno provato a sconsigliarmi  nell’intraprender e questo viaggio – commenta  Rumiz- perché  molto del percorso  è scomparso, mi dicevano, percorri il cammino di Santiago, oppure percorri altre vie romane segnate sulle mappe,  ma ho deciso di farlo forse perché tutti mi dicevano di non farlo. Le mappe disegnate da Riccardo Carnovalini, che ha trovato il percorso sulle carte degli anni 60 dell’Istituto geografico militare italiano quando ancora dell’Appia non avevano fatto carne di porco, le foto aeree e sul terreno, hanno fatto il resto.”

La chiacchierata è andata avanti per quasi due ore con gli aneddoti del viaggio del 2015,  raccontati e letti direttamente dall’autore che hanno ingolosito la  numerosa platea con domande e consigli perché della via più antica d’Europa e  forse del mondo tutti restano affascinati: “Sarà perché – continua il camminatore- le atre vie hanno senso solo da un verso: tipo il cammino di Santiago che ha senso farlo solo verso il santuario  e non viceversa, l’Appia invece, al contrario è percorribile in entrambe le direzioni: verso Roma, verso la capitale dell’antichità e verso Brindisi verso la via della seta inseguendo il profumo delle spezie. L’Appia resta un cammino  che racchiude in se la laicità, era a tutti gli effetti la via dei militari percorsa dalle legioni romane e dai mercanti, ma è anche una via religiosa, la via percorsa dagli apostoli Pietro e Paolo che portarono a Roma il cristianesimo.”

Ora la via, grazie all’immenso lavoro di Rumiz  è stata presa in carico dal ministero dei Beni culturali e del Turismo che ha stanziato dei fondi per la sua valorizzazione: “ il mio sogno – conclude l’autore-  è che tra qualche anno  un po’ di gioventù con lo zaino in spalla comincerà a percorre questa via…”

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