Anche Martina Franca ha la sua maschera di Carnevale:
E’ stata presentata dall’Associazione Culturale “TerraMartinae del CastrumVetus” già in occasione del veglione CARNIVAL 2017 organizzato da “e20idea” di Marcello Leva sabato sera alla masseria Chiancone Torricella e al veglioncino per bambini domenica pomeriggio al Park Hotel San Michele. Ma il momento clou è avvenuto domenica 26 con la sfilata di “Martənŭccə” e la sua corte per i vicoli e le inchiostre del centro storico con l’arrivo davanti allo storico Caffè Tripoli dove Vito non ha fatto mancare ai bambini presenti l’assaggio dei “Cumpləmintə” mentre Agostino Convertino, che lì organizza da alcuni anni la tradizionale “QUARANTANA”, ha voluto presentare ufficialmente anche “Martənŭccə”. Un ringraziamento speciale va anche ad Angelo Salamina, patron di eventi e rievocazioni storiche, che ha indossato il costume realizzato con il contributo professionale della sartoria di Martino Carrieri e la creatività di Alba Mannara e all’Associazione “Briganti delle Murge” per la partecipazione.
Martənŭccə è la maschera martinese che l’Associazione “TerraMartinae del Castrum Vetus” intende far adottare da tutta la comunità cittadina.
Per la sua realizzazione ci si è avvalsi della creatività e bravura dell’illustratore grafico Piero Angelini il quale, ispirandosi alla storia della “Franca Martina”, ha disegnato una maschera che esprimesse la nostra più autentica identità culturale.
Innanzitutto l’elemento guerriero, militare del “castrum vetus” che si identifica con la figura del vero fondatore di Martina: Francesco Loffredo di Monteleone, e quella della figura del soldato, impersonificata da Martino divenuto poi Santo e patrono della città che taglia con la spada il rosso mantello al povero. Ma sopra all’elmo del soldato romano si ergono due lunghe corna somiglianti a quelle dei “bovini di razza italica” (o podolica) allevati nei boschi della Terra di Martina la cui funzione apotropaica porta con se anche la consolidata tradizione di San Martino protettore dei “cornuti”.
L’impronta angioina è vistosamente rappresentata dal giglio che campeggia sul petto mentre quella successiva degli aragonesi, sotto il segno dei Caracciolo è visibile nel resto del costume dai colori e dalle forme tipicamente spagnoleggianti.
Infine il nome, autenticamente in dialetto, la nostra lingua madre.
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