Angela Lacitignola lavora ogni giorno a contatto con le donne vittime di violenza, in prima linea con “Rompiamo il silenzio“, il centro antiviolenza di Martina Franca e Crispiano. Dopo le parole, che come redazione non condividiamo, di Rossella Brescia, abbiamo pensato di chiedere alla dottoressa Lacitignola un commento riguardo la discussione sulle molestie. Eccolo.
In questo clima di giudizio delle donne nei confronti di star che hanno deciso di parlare, di denunciare mi sento di dover dire anch’io qualcosa. Vorrei portare la mia esperienza di lavoro con le donne vittime di violenza.
E’ grazie a tutte loro che ho imparato il vero significato di parole come genere, differenza, cultura; quando ho cominciato a lavorare ero convinta che non ci fosse più bisogno di parlare di genere, uomini e donne, eravamo tutti uguali, tutti con gli stessi problemi e le stesse opportunità; anche sulla violenza pensavo che riguardasse solo alcune donne, le più vulnerabili, quelle meno protette e io mi ero assunta il compito di essere la loro protettrice.
La prima scoperta sconvolgente è stata quella di constatare che quelle donne mi assomigliavano molto, erano come me convinte che tutto ciò che facevano non era mai abbastanza, chiedevano tanto a se stesse quanto poco chiedevano agli altri, si rimproveravano le debolezze e non riconoscevano la loro forza.
La seconda scoperta è stata quella di toccare con mano la diffidenza, il giudizio, le accuse, che il contesto sociale riservava loro; la vittime diventavano più colpevoli del presunto colpevole; presunto perché nei suoi confronti c’era sempre una sospensione del giudizio “fino a prova contraria”, e questo necessariamente gettava sulle donne l’ombra della menzogna, della manipolazione.
La terza scoperta è stata constatare la forza delle donne, di queste donne che molestate, umiliate, disprezzate, picchiate, trovavano la forza di ricominciare, di affrontare la vita per se stesse e per i figli.
E’ grazie a loro che ho capito che il genere conta, che essere donna è una conquista da fare tutti i giorni in contrapposizione ad una cultura che vuole decidere il nostro posto, il nostro ruolo, quello che dovremmo fare e quello che non dovremmo fare…e quello che dovremmo sentire o dire. Ho capito che la differenza non è sempre sinonimo di ricchezza, ma può diventare sinonimo di violenza. Alcuni commenti proferiti da donne verso altre donne sono violenti, giudicanti e generano ancora più male della violenza maschile. Dal mondo maschile te l’aspetti…Il giudizio della donna, madre, moglie, amica, collega…no.
Oggi sento di schierarmi, come sempre del resto, insieme alle mie amiche e colleghe, dalla parte di tutte quelle donne (appartenenti allo spettacolo ma anche no) che hanno deciso di parlare, di denunciare, di rompere il silenzio della paura e della vergogna, di dire basta ad una prassi consolidata, normalmente condivisa e taciuta che si snoda nei vari livelli del mondo dello spettacolo, dell’arte, della lirica, della tv ecc.
Quelle donne hanno una forza che può diventare rivoluzionaria per se stesse e per la società, basta riconoscerla e metterla a disposizione di tutte/i coloro che pensano che la differenza sia un’occasione di arricchimento e non un attacco alla propria identità individuale, culturale o sociale.
Lascia un commento