38 anni, 85 morti, la più grande strage italiana dal dopoguerra ad oggi. Numeri che ancora oggi fanno profonda impressione quelli della strage della stazione di Bologna, numeri che diventano ancora più pesanti se si pensa che è l’ennesima azione di quegli anni ammantata di misteri, personaggi oscuri, depistaggi e processi fiume.
E come per Ustica, anche la strage di Bologna vede coinvolta la Puglia e più precisamente il tarantino. Se per i fatti del DC9 i radar di Martina Franca giocarono un ruolo molto importante sia durante i minuti della scomparsa dal sistema di avvistamento aereo del Sud Italia che dopo, per i fatti di Bologna un personaggio decisamente singolare è il tarantino Francesco Pazienza. Come riportano i colleghi di Tarantobuonasera (leggi QUI) una della figure più enigmatiche degli Anni di Piombo avrebbe richiesto alla Corte d’Assise di Bologna di poter essere convocato nel processo bis per “depositare atti e documentazione di possibile interesse”. La Corte però ha deciso di soprassedere, visti i precedenti del Pazienza, condannato a 10 anni per aver tentato di depistare le indagini, al termine delle quali furono condannati all’ergastolo due membri dei NAR, Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.
Ma negli anni dove le Brigate Rosse spargevano sangue e terrore per tutto lo Stivale, chi era il tarantino Francesco Pazienza? Molto probabilmente era uno dei tanti “faccendieri” che orbitavano negli ambienti dei servizi segreti deviati e dei movimenti extraparlamentari, secondo quella Strategia della Tensione che serviva a scuotere il Paese nel tentativo di instaurare un governo autoritario e comunque in chiave anti-comunista (l’Italia infatti in quegli anni aveva il più forte PCI del blocco occidentale).
Un personaggio insomma molto influente in un terreno piuttosto torbido, così come chiarito dalla sentenza del settembre 1985 sui depistaggi nelle indagini, che dipinge un Pazienza molto potente e “largamente pagato con i fondi del Servizio… Ha potuto anche fare oltre 130 viaggi con gli aerei del Sismi, in Italia e all’estero, più volte in compagnia di persone inseguite da mandati di cattura spiccati da magistrati per gravi reati e ricercate dalle forze dell’ordine”.
Ma Taranto torna di nuovo nei fatti bolognesi, e Tarantobuonasera riporta infatti una curiosa circostanza: quella che vide i due condannati della strage bolognese – Mambro e Fioravanti – in “vacanza” in una villetta a Gandoli proprio nell’estate del 1980. I due però hanno sempre affermato di essere lì per preparare l’evasione del leader di Forza Nuova Pierluigi Concutelli, che stava per essere trasferito proprio nel carcere jonico. Un’altra figura legata a Taranto sarebbe poi il colonnello dei Carabinieri Giuseppe Belmonte, che aveva prestato servizio a Taranto negli anni ’70. Ma non basta. Taranto torna di nuovo alla ribalta delle cronache col ritrovamento di armi ed esplosivo del gennaio 1981 sul convoglio Taranto-Milano, dove i militari trovano una valigia con un mitra, un fucile, passamontagna e esplosivo, guarda caso dello stesso tipo di quello usato a Bologna. Anche qui però l’elemento depistante è presente: vengono infatti trovati due biglietti aerei per Monaco e Parigi, che sarebbero stati comprati da un membro dei Nar (anch’esso soggiornato a Gandoli) in un’agenzia viaggi barese.
E una storia di depistaggi non è tale senza almeno una morte sospetta: quella di Peppino Monna, pregiudicato tarantino (guarda caso) ucciso nel 1981 e che il colonnello Belmonte riferì esser stato una sua fonte riservata. Insomma, Taranto in quegli anni fu al centro delle trame terroristiche (così come confermato dalla Corte d’Assise di Roma) che scossero l’Italia intera e che videro anche la presenza di un altro tarantino – l’ultimo, almeno così si crede – e cioè Guido Giannettini, giornalista-neofascista-faccendiere anch’esso legato ai servizi segreti e coinvolto nei fatti di Piazza Fontana. Condannato e poi assolto.
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