L’attacco ai diritti da parte del governo gialloverde potrebbe arrivare anche a toccare la famiglia e i diritti personali. Il senatore Pillon ha proposto un disegno di legge che se passasse potrebbe radere al suolo il welfare così come lo conosciamo, mettendo a repentaglio il benessere della famiglia e in particolare dei bimbi. Ne abbiamo parlato con Angela Lacitignola, responsabile del Centro Antiviolenza “Rompiamo il silenzio”, proprio in questi giorni impegnata in una serie di eventi “Dalla resistenza alla resilienza”.
“Il Ddl Pillon segna un arretramento rispetto all’indirizzo legislativo sovranazionale, nazionale e giurisprudenziale anche della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nel momento in cui, intervenendo in modo sostanziale nell’autodeterminazione dei componenti della famiglia, ostacola la libera scelta verso lo scioglimento del matrimonio; si rischia di fatto una sorta di “istituzionalizzazione” della procedura; nel preambolo del decreto si legge, con enfasi propagantistica, che la famiglia deve solo essere “lambita dal diritto” (Arturo Jemolo), ma con il Pillon la famiglia è schiacciata dal diritto, ovvero dalle procedure quali l’obbligatorietà della mediazione (che invece è vietata nei casi di violenza intrafamiliare dalla Convenzione di Istanbul), il versamento dell’assegno di mantenimento in modo diretto, il venir meno dell’addebitabilità della separazione con buona pace dell’art. 143 codice civile, la soglia massima di età per il mantenimento prevista per i figli maggiorenni che sostanzialmente elide l’ottima giurisprudenza in materia, l’indicazione del tetto di ore di presenza del genitore non collocatario, l’obbligatorietà della doppia mediazione in caso di divorzio”.
Cosa potrebbe accadere se dovesse passare il Ddl Pillon?
“Sarà più difficile e costoso separarsi e bisognerà organizzare le proprie vite e la cura di figli e figlie secondo un contratto di diritto privato sottoscritto a seguito della mediazione familiare obbligatoria a pagamento. La «bigenitorialità», così come intesa nella proposta di legge, non favorirà una condivisione della cura in base alle possibilità e ai desideri di entrambi i genitori, ma imporrà una rigida spartizione del tempo da passare con figli e figlie, che dovranno sottostare al «piano genitoriale» redatto dal «mediatore familiare». A bambini e bambine non viene così riconosciuta alcuna possibilità di scelta o diritto di espressione. Pensiamo al doppio domicilio. E’ impensabile che un minore possa avere in maniera così meccanica due residenze e soprattutto si tratta il minore come se fosse un ospite di due case diverse, di due stili di vita diversi. Elimina l’assegno di mantenimento e introduce il mantenimento diretto: chi si trova in una situazione di maggiore dipendenza economica e povertà – quasi sempre le donne – sarà sottoposta a un vero e proprio ricatto economico, affronterà la separazione o il percorso di liberazione dalla violenza domestica al prezzo di una crescente precarietà.
Finché la violenza domestica non è «comprovata» (come dice la proposta, senza ulteriori chiarimenti), bambini e bambine saranno costretti ad avere rapporti con il padre violento e una donna che denuncia la violenza subita dal marito, sarà facilmente sospettata di manipolare i figli contro il padre, rischiando di perdere la «responsabilità genitoriale».
Impone un piano genitoriale preordinato e uguale per tutte le famiglie, ignorando le specificità di ogni situazione e istituisce la figura obbligatoria del coordinatore genitoriale, limitando la libertà dei genitori nella crescita delle/dei figli*.
Codifica l’alienazione parentale per legare le mani delle donne. Le/i minori che non vogliano stare con uno dei due genitori, saranno costrette/i a stare più tempo proprio con quel genitore. Si ignorano i casi in cui le/i minori abbiano assistito alla violenza. Le donne rischiano di perdere la responsabilità genitoriale.
La scelta di libertà sarà resa ancora più pesante per le donne migranti il cui permesso di soggiorno è legato a quello dei mariti e sarà per tutte e tutti fortemente limitata da un sistema di welfare fortemente familistico e fondato sul matrimonio.
L’intento dichiarato del senatore Pillon nel presentare il Disegno di Legge in questione è quello di svuotare di efficacia l’istituto del divorzio”.
Pensi che i diritti individuali e collettivi, così come li conosciamo, sono a rischio?
“E’ evidente, che i diritti individuali di autodeterminazione, di uguaglianza formale e sostanziale, di tutela alla salute, siano fortemente posti a rischio dal ddl Pillon; viola gli artt. 8 e 14 della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberà fondamentali; viola la Convenzione di Instanbul agli artt. 3, 4 e quindi viola di conseguenza la legge di ratifica del 27.6.’13 n.11; viola la Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e della adolescenza (CRC) adottat< il 20.11.’89 ed entrata in vigore in Italia con legge 176/91; viola la Decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea N. 220/220/GAI; viola la risoluzione del Consiglio di Europa 12.3.10 n. 1714; viola gli artt. 3, 32 della Costituzione italiana; viola l’art. 143 cc”.
Quali azioni si stanno intraprendendo per far sentire la protesta?
“Tutte le associazioni nazionali che si occupano della tutela dei minori e delle donne maltrattate hanno preso posizioni con mobilitazioni e comunicati a livello nazionale. Sono nati comitati No-Pillon in tutta Italia ad opera anche della rete D.I.R.E dei centri antiviolenza di Italia, e del movimento “Non Una di Meno”; ma non solo, anche i sindacati, su impulso della CIGL, hanno emesso un comunicato stampa così come il CISMAI. A Bari è nato il comitato No-Pillon al quale ha aderito la rete dei cav della Puglia che porterà la sua voce alla manifestazione del 10 novembre alle ore 17.00, in Piazza Madonnella.
La rete dei cav della Puglia sarà anche audita in commissione Giustizia attraverso una nostra delegata, sostenendo il ritiro immediato del Ddl”.
Dopo anni di esperienza con lo Sportello Antiviolenza, che idea ti sei fatta di Martina Franca e del territorio?
“Le donne di Martina, sono donne forti, che conoscono la fatica del lavoro e la fatica di mantenere unita la famiglia. E’ evidente che, a causa di un antichissimo retaggio culturale, è molto difficile rivisitare e destrutturare pregiudizi che in ambito familiare sono presenti, spesso involontariamente ed al di là della posizione sociale ed economica. La nostra è una realtà profondamente religiosa, anzi fatta di religiosità: è importante, invece, che anche i cattolici si rendano conto, nel solco dei principi fissati dalla dottrina sociale della chiesa, che vi è un momento nel quale il silenzio è connivenza; la laicità dei temi trattati deve permettere a tutti, cattolici, atei, agnostici, di impedire un ritorno indietro: il passato non può e non deve tornare. Dobbiamo rilanciare le battaglie e le conquiste fatte dalle donne e non solo, quelle donne e quegli uomini che pagando con la loro stessa vita, ci hanno consegnato, attraverso l’incontro di culture diverse e tutte democratiche, la nostra Costituzione, il testo più vero e più bello che ad oggi il diritto ha prodotto.
Per questo invitiamo tutti, associazioni e persone singole ad aderire al comitato No Pillon Puglia: basta mandare una mail a comitatonopillon.bari@gmail.com”
Lascia un commento