Come ogni anno, nella giornata di ieri, 9 maggio, si sono svolte a Locorotondo le commemorazioni in onore di Peppino Impastato e di Aldo Moro.
La giornata infatti, ha visto due momenti completamente separati.
Se alle 17,30 un gruppo di liberi cittadini ha apposto un piccolo mazzo di fiori sotto ilcartello che indica la via Peppino Impastato nella zona industriale; alle 18:30, come recitava una nota stampa del comune, è stata deposta alla presenza delle autorità civili, religiose e militari una corona d’alloro alla targa commemorativa dello statista trucidato dalle Brigate Rosse.
Due momenti: uno istituzionale, l’altro lasciato alla memoria di qualche nostalgico, di qualcuno che ancora crede a Locorotondo che l’essere contro la mafia sia un valore da tramandare ai propri figli e ai propri nipoti.
Eppure è molto strano. Anche quest’anno, il comune di Locorotondo, il sindaco, il vicesindaco, qualche assessore ha partecipato, facendo vetrina, al festival della legalità Legalitria svoltosi proprio nei gironi scorsi nel nostro comune, durante quel festival tra diversi e interessantissimi temi si è parlato di mafia.
Allora forse le istituzioni locali non sono a conoscenza che Peppino Impastato è stato ammazzato a Cinisi dalla mafia a soli trenta anni, fatto saltare in aria con di una carica di tritolo posta sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia.
In Italia e a Locorotondo funziona così: ognuno piange i suoi morti.
Infine, come ogni anno chi scrive vuole ricordare a chi siede nella casa della somma democrazia locorotondese che essere contro la mafia e ricordare le sue vittime è ancora in valore nel 2019 come l’essere antifascisti nonostante la notte dei giganti.
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