Silvia Salemi e il suo ultimo singolo: un amore da ammirare come un quadro di “Chagall”

*di Vincenzo Salamina e Domenico Carriero

Artista eclettica, dal canto alla scrittura, dalla conduzione televisiva a quella radiofonica, dal teatro all’impegno nel sociale. Cantante dal timbro vocale inconfondibile. Da poco è uscito il suo ultimo singolo, “Chagall”, che parla di un amore da ammirare come un quadro del noto pittore. 

Silvia, parlaci di “Chagall”, tua ultima canzone che reca nel titolo il nome di un pittore che dipingeva figure sospese tra il reale e il fiabesco. Quale è il messaggio in esso contenuto?

Il brano è uscito nello scorso settembre, con il bisogno di trasmettere il senso della bellezza perché nel 2020 di bellezza ce n’è stata poca. L’arte è come un gancio in mezzo al cielo, come dice il grande Baglioni; un gancio che eleva lo spirito, che può salvare la mente, il cuore e le proprie intenzioni rilanciandoci verso il futuro. Penso che la bellezza ci possa rendere delle persone migliori e, come conseguenza, migliorare il mondo in cui viviamo. Il bello chiama il bello e ti impone di rispettarlo e di evocarlo; parimenti le cose brutte ci imbruttiscono. Dobbiamo guardare le cose belle, come i quadri: questo è il messaggio di “Chagall”. 

Il brano è stato accompagnato da un bel video. Com’è stato tornare su un set?

Sono stata felicissima di girarlo perché è stato il primo viaggio dopo l’estate del primo lockdown. Nel rispetto delle disposizioni vigenti, è stata una vera ripartenza, con una trentina di persone partite alla volta della Puglia, dove era il set. Anche lì abbiamo trovato persone ad aspettarci, e vedere tutto il team di lavoro attorno ad un progetto mi ha dato una grande carica e mi ha fatto tornare ai tempi d’oro in cui ci potevano incontrare in maniera serena. Alla fine delle riprese, c’è stato un applauso liberatorio in quanto eravamo riusciti nell’opera, in un contesto difficile, rispettando quanto previsto dalla legge. Poter girare “Chagall” mi è sembrato un grande dono: sono grata a questo gruppo di lavoro perché è stato per noi tutti un rinascere alla vita. 

Quanto è importante la semplicità per contemplare la bellezza?

Se in un pentolone butti trenta cose diverse, avrai trenta sapori diversi ma non sai cosa mangerai perché è un minestrone che confonde i gusti. Se nel pentolone metti solo un paio di elementi, questi devono essere per forza buoni perché se non sono buoni lo capisci subito. La semplicità è scommettere sulla qualità perché con pochi elementi non si gioca. Nel video abbiamo puntato sulla complessità della semplicità, in quanto non è un video con una struttura complicata, ma è incentrata sul messaggio della canzone; il video è semplice con la complessità del mare sullo sfondo.

“Chagall” è una anticipazione di un prossimo progetto discografico?

Sì, è pronto un secondo singolo che vorremmo vivere anche fuori dallo streaming, alle radio, dal vivo. La radio, così come lo streaming, è lo strumento che ci sta consentendo di stare vicini tra noi senza incontrarci fisicamente e quindi rispettandoci tutti.

Sei un’artista a tutto tondo: radio, televisione, canto, teatro, scrittura.

Per “Tale e Quale Show” del 2013 mi piacque l’idea di giocare con la voce delle mie colleghe. Quando canti percepisci il tuo mondo canoro solo con il tuo timbro, e crearne uno nuovo è complicato. Quando ho visto che si poteva giocare con altre maschere, ho detto “perché no?”. Inoltre non mi piace stare nello schema fisso del canto in quanto nulla vieta di fare esperienza anche in altri settori con umiltà.


Nel 2017 esce il tuo primo romanzo autobiografico dal titolo “La voce nel cassetto”.

E’ un libro terapeutico e doloroso, perché ci sono forti ammissioni. Quando fai cronologicamente i conti col tuo passato, ti rendi conto in che realtà sei nata, ti rendi conto che quella realtà era uno svantaggio ma è poi diventata il tuo plus, il tuo trampolino, perché più hai fame e più scommetti su te stesso. Nel mio caso la scomparsa di mia sorella, in una famiglia gravata da difficoltà economiche, mi ha dato quella spinta, quella fortuna di scommettere sulla mia voce che non avevo perché mi sono chiusa in un silenzio da quando avevo un anno e mezzo fino ai cinque anni.

Fino a quando ritrovasti la voce chiusa nel cassetto.

Con la scomparsa di mia sorella mi sono chiusa in un mutismo terapeutico, o comunque involontario, non perché avessi dei difetti organici ma perché nessuno mi parlava. A quattro anni apro questo cassetto, sento una audio cassetta con la voce di mia sorella che mi rivolge la parola e mi fa parlare. Questa cosa mi fa aprire gli occhi perché capisco che potevo parlare. Da quel giorno mi chiudo in una stanza buia e tutti i giorni, fino a che non ho riparlato, registravo la mia voce con uno dei vecchi registratori. Ho tentato di parlare, poi mi sono agganciata alle prime canzoni e da lì non mi sono più fermata: la musica mi ha salvato.

Sei cresciuta a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, anni luce lontana dal mondo discografico. E’ stato molto difficile iniziare la carriera di artista da quel paese?

Col senno di poi posso dire di essere stata molto fortunata in quanto il successo è venuto a cercarmi a Palazzolo, con Fiorello e il suo Karaoke nel 1993. All’epoca già cantavo nei battesimi, nei matrimoni, nelle serate, avevo fatto la gavetta; mi iscrissi a questo carrozzone televisivo, feci il provino e vinsi la puntata. Un produttore mi vide e mi ha contattato proponendomi di partecipare a Castrocaro. La prima volta andò male, tornai a casa e ci riprovai l’anno dopo. Il tutto è avvenuto in modo naturale come se le cose si concatenassero da sole in maniera magica. Io ero molto lontana da quei meccanismi così come i miei genitori, semplici nell’animo. Pensa che dopo i primi successi avevano ancora il numero sull’elenco telefonico nonostante li esortassi a toglierlo [ride]: questa era la bellezza, la semplicità, l’assenza di malizia.  

Il video della tua esibizione al karaoke è su YouTube: ma hai ancora quel TV color verde che vincesti?

Ce l’ho! Mi arrivò dopo un mese. Ancora ridiamo con Fiorello di quella mia partecipazione: lui ricorda benissimo il brutto maglioncino che avevo in quella puntata [ride]. 


Dopo Castrocaro le Nuove Proposte a Sanremo nel 1996 e poi, sempre al Festival, il passaggio nei Big con “A casa di Luca” nel 1997, canzone che fa parte del patrimonio musicale di ogni italiano, e “Pathos” nel 1998. Che legame hai oggi con questi tuoi primi successi? Ti fa piacere ricantarli? 

Mi chiedono anche se sono stufa di quelle canzoni. Ogni volta che canto “A casa di Luca” ringrazio il Cielo perché in una vita artistica potresti anche non avere una canzone che ti fa vincere un Premio della critica. Alle prime note ringrazio sempre Giampiero Artegiani, che l’ha scritta assieme con me, e le persone che l’hanno suonata. Quella canzone mi ha dato grandi soddisfazioni e mi inchino alla fortuna. 

Nel 2003 a Sanremo con “Nel cuore delle donne” facevi conoscere meglio l’universo femminile e le sue sfaccettature. Oggi sei madrina del progetto contro il femminicidio promosso da Fondazione Matera 2019. Ci parli di questa iniziativa?

E’ bello il legame che è nato tra Matera 2019 e la lotta al femminicidio in quanto era importante collegare la donna non solo alla figura di una donna semplice, in quanto femmina, e quindi da rispettare in quanto tale, ma anche di madre. Il messaggio è non puoi violentare, picchiare, far soffrire, toccare una persona che prima di tutto è una madre e che potrebbe essere tua madre: nasce quindi il rispetto più grande. La donna, anche quando non è una madre, è potenzialmente una madre, quindi grande rispetto su questa figura anche per quello che dà in natura all’essere umano. E’ contro natura pensare di far male a una donna. La fondazione ci ha portato al Parlamento Europeo dove abbiamo presentato il progetto, con alcuni oggetti che venivano venduti online per sostenere le case famiglie dove le donne vanno a vivere quando si allontanano dalla violenza che è in casa. Noi parliamo a queste donne, che sono ancora in tempo per salvarsi. Siamo stati anche in Senato, dove hanno accolto il nostro grido di aiuto. Sono stata fiera di questo progetto e spero che la fondazione ne porti avanti altri.

Nel 2007 ti sei fermata perché dovevi fare qualcosa di importante.

Ci sono due ragazze in circolazione a casa mia [ride]. Penso di aver fatto la cosa più naturale, più scontata, più bella, più utile perché fare la madre è anche utile. Sono stata fortunata a poter decidere di non lavorare per un periodo per dedicarmi alle figlie; ciò ha fatto la differenza anche se fermarmi è stato comunque molto penalizzante per il ritorno a lavoro. Quando esci da questo sistema diventa poi difficile rientrare in quanto tutto è più complicato: per me era assurdo non accompagnare le figlie a scuola, o al parco, o non cenare con loro. Le ragazze mi hanno dato la forza e, diventate più grandi, l’incoraggiamento di riprendere il lavoro quando hanno capito il sacrificio che ho fatto.

Il 2004 è l’anno dell’esperienza a Music Farm, dove uscisti completamente dalla tua zona di comfort del canto. 

Avevo appena finito Sanremo 2003 e stavo lavorando parecchio, soprattutto nei live. Ricevetti l’offerta per Music Farm da parte di Rai 2. All’inizio l’idea mi aveva convinto perché mi sembrava una cosa che sarebbe durata poco. Quando ho compreso che più stavi nel gioco e più rimanevi nel reality, mi è preso un colpo in quanto dopo qualche mese mi sarei dovuta sposare! Avevo sospeso tutti i preparativi di matrimonio e mi sono di fatto trovata in gabbia. A quel punto ho fatto di tutto per essere cacciata; persi al televoto ma fui felice di uscire. Il giorno dopo ero dalla sarta per l’abito di nozze [ride]. 

Nel 2017 inizi a condurre “Piccole luci” su Rete 4. 

Quello è stato un bel momento perché ho portato tutta l’esperienza maturata nelle due gravidanze, quando in silenzio mi sono dedicata alla realtà delle onlus e a tutto ciò che poteva far bene agli altri: da “Save the Children” alle campagne contro il bullismo, contro la violenza di genere, a favore dell’ambiente come madrina dell’Earth Day in italia. Quando mi è stato richiesto di scrivere un format per Rete 4, ho pensato di raccontare storie sociali, che lasciassero un segno nello spettatore, come la ragazza che è stata sette giorni sotto le macerie di Amatrice e dopo quell’esperienza ha avuto anche un figlio ed è rinata. Ed ecco la piccola luce: anche quando la tua vita sembra finita tu rilanci con delle cose belle.


Due anni dopo rientri nell’habitat naturale del canto e ti presenti ad “Ora o mai più” dove hai alla fine presentato il singolo “Era digitale”.

Nelle prime due settimane di “Ora o mai più” ero ancora in onda con le ultime dieci puntate della terza stagione di “Piccole luci” e temevo di essere criticata perché i miei colleghi venivano effettivamente da una esperienza di silenzio già da qualche anno. Ne parlai con Amadeus che mi fece un discorso onesto facendomi comunque riflettere sul fatto che musicalmente ero assente anche io da un po’ di anni. Nell’ultima puntata di “Ora o mai più” ho presentato l’inedito “Era digitale” che per me è stata una soddisfazione pazzesca: la canzone non era nella mia testa fino ad un mese prima; poi ho letto il messaggio del Papa ai giovani di Panama che mi ha molto toccato: “Non sentitevi amati perché siete iper connessi, non illudetevi che sia quella la strada”. Ho ripensato a quando facevo il pane con mia nonna, quando facevo qualcosa di tattile, come l’abbraccio. Nel lockdown la digitalizzazione ci ha permesso di stare vicini pur non potendoci abbracciare, ma fino ad un anno fa ma potevamo abbracciarci anche se eravamo connessi. “Era digitale” è stato come un grido per ricordare che dobbiamo amarci prima de visu e non affidare tutto alla virtualità: un anno fa potevamo incontrarci e non lo facevamo.

Ed alla fine anche la radio: quest’estate hai condotto “Che spettacolo” su Rai Radio 2, una trasmissione volta a raccontare l’Italia che stava per ripartire dopo il primo lockdown.

La radio è il grande amore che mi sta dando belle soddisfazioni. Quella di quest’estate è stata la seconda edizione; la prima edizione, andata in onda prima del lockdown, aveva una scaletta ricca di eventi che raccontavamo. La seconda edizione l’abbiamo fatta ad agosto con le restrizioni; è stato comunque bello perché abbiamo raccontato non solo quel poco di spettacolo che c’era ma anche lo spettacolo che fu, grazie ad un lavoro di teca, di ciò che siamo stati nel cinema, al teatro, riallacciando quindi il presente al passato per proiettarci nel futuro. Dato che non ci sono stati gli Europei di calcio, abbiamo parlato anche di pallone e delle relative grandi gesta del passato. 

Sempre su Rai Radio 2, sei anche ospite a Decanter, con Federico Quaranta e Tinto.

Ripartiamo l’11 gennaio! Io contrattualmente ho un inquadramento che mi fa sorridere, “esperta musicale”, ma non è niente di vero perché mi diverto a raccontare una monografia artistica di un grande cantante ogni sera abbinandoci un piatto, un’esperienza culinaria di grande livello con uno chef. 

Vorremmo sottolineare il tuo continuo impegno nel sociale: da ottobre 2020 sei testimonial di “Save The Children” per la nuova campagna “Proteggiamo i bambini”. 

L’amore per “Save The Children” viene da lontano: l’ho fatto nel 2007 da mamma per “Riscriviamo il futuro”, dove mi hanno aiutato Beppe e Rosario Fiorello. Ora che siamo in pandemia, questa campagna ha ancora più risonanza perché i bambini oggi hanno ancora più difficoltà, con le famiglie che perdono lavoro. “Save The Children” è una realtà seria che sta sul territorio non solo italiano, per progetti sempre molto mirati, alla cui base ci sono dati precisi, per poter affrontare le situazioni più estreme. Finché avrò fiato li sosterrò. Non accendere i riflettori laddove serve non sarebbe solo un grande errore ma un atto di superbia. Restituire la propria fortuna, anche consegnando un po’ del proprio tempo ad altri, anche silenziosamente, è importante. Se utilizzi la tua faccia, questa può fare eco e dare una grande mano al progetto da supportare.

Grazie Silvia, auguriamoci tutti un sereno 2021 e grazie per tutte le cose belle che stai facendo.

Ringrazio il pubblico che ci ha seguito. Un saluto ai lettori di Valle d’Itria News.

*Vincenzo Salamina e Domenico Carriero sono appassionati di musica e conducono un programma su Youtube chiamato Music Challenge (che potete seguire qui). Con ValleditriaNews condividono amichevolmente le interviste a musicisti e artisti noti o meno della scena musicale italiana .

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