Confindustria Taranto. Salvatore Toma eletto presidente

È stato eletto Salvatore Toma, presidente di Confindustria Taranto, al termine dell’assemblea di ieri pomeriggio, all’hotel Salina di Taranto. L’elezione di Toma, che conduce un’azienda manifatturiera che opera nel campo delle confezioni, a Sava, potrebbe segnare una nuova attenzione degli industriali tarantini verso il mondo della manifattura e un significativo allontanamento da un modello di sviluppo basato solo sulla grande industria. Il nome di Toma, unico candidato, è arrivato sul tavolo dopo la decisione di Pierino Chirulli di non trasformare l’esperienza di reggenza dell’associazione degli industriali in candidatura per la presidenza.

Della squadra di Toma fanno parte: Fabio De Bartolomeo, con delega alle infrastrutture, Anda Furfaro, con delega a Education, Digital e Diversificazione produttiva, Lucia Minutello, Ricerca & Innovazione, Pari opportunità e Parità di genere, Vladimiro Pulpo, rapporti con le grandi imprese e Marcello Tarantino con delega alla Simbiosi industriale.

Ecco il discorso integrale di insediamento di Salvatore Toma, presidente di Confindustria Taranto

La nuova Confindustria per Taranto

La mia esperienza di imprenditore, nata diversi anni fa e maturata in questi ultimi anni proprio in Confindustria, mi porta a immaginare una città incubatrice di nuove logiche economiche che vadano ad affiancare quelle industriali; parlo di un modello fondato sulla creazione di valore condiviso, con alla base strategie che riconoscano e valorizzino la centralità delle eccellenze Made in Puglia come traino di ogni settore. Il mio obiettivo sarà pertanto quello di formulare, di volta in volta, proposte concrete, ambiziose e allo stesso tempo misurabili, per ciascuna delle materie e dei settori che compongono il nostro sistema associativo.

Alla base di questo progetto di rinnovamento ritengo indispensabile il costante e sincero confronto fra imprenditori tenaci e competenti, che vogliano accogliere le sfide che il territorio pone dinanzi a loro.

Partendo dallo stato presente, nuovi e stimolanti obiettivi devono portarci verso un futuro di grande rivalsa, consapevoli che il cambiamento inizia già quando si vede il passo successivo. Sta a noi costruire il futuro! La nostra provincia ha potenzialmente in sé tutto il necessario per ambire a grandi traguardi, possibili solo se accresceremo la consapevolezza che lavorare insieme ci porterà anche a vincere insieme. L’intera comunità, le nostre imprese hanno vissuto mesi governati da grande incertezza, il futuro è sembrato sfuggirci, ma non abbiamo mai smesso di lavorare con fiducia e lungimiranza.

Il nostro comune auspicio è, sicuramente, che a livello generale in questo 2022 possa strutturarsi una crescita solida, costante e duratura. La strada è ancora tutta in salita, anche se alcuni segnali positivi ci aiutano a percorrerla.

Lo scenario nazionale

Vediamo brevemente assieme quale è lo scenario nazionale, almeno per quegli aspetti che ci riguardano da vicino.

Gli effetti del caro energia si confermano purtroppo di segno negativo nell’indagine rapida del Centro Studi Confindustria di pochi giorni fa, in cui si rileva un forte calo della produzione industriale in gennaio (parliamo di un -1,3%), che segue una sensibile  flessione già registrata a dicembre 2021.

L’insufficienza di materiali e la scarsità di manodopera hanno toccato i valori massimi degli ultimi dieci anni. Significativi anche gli aumenti senza precedenti dei costi di esportazione e dei tempi di consegna. Il perdurante incremento dei prezzi delle commodity ha contribuito ad erodere i margini delle imprese, penalizzando l’attività industriale.

Secondo gli ultimi dati PMI del settore manifatturiero, l’indicatore, pur confermando un quadro espansivo per il diciannovesimo mese consecutivo, registra un rallentamento proprio a gennaio 2022, il peggiore dato in 12 mesi, a causa della persistenza di interruzioni sulle catene di approvvigionamento.


La crisi in cui versa gran parte dell’industria è dimostrata dai circa 100 dossier aperti nei soli tavoli gestiti dal ministero dello Sviluppo economico, cui si sommano le crisi gestite su base regionale e quelle in capo al ministero del Lavoro. Le misure varate in questo senso dal governo sono sicuramente importanti ma rischiano di non essere esaustive.

Uno scenario che ci induce inevitabilmente a riflettere, perché tutto ciò che si va a  palesare a livello nazionale produrrà i suoi effetti, in positivo o in negativo, anche sui nostri territori.

Ma non ci dimentichiamo che saremo sempre noi, imprenditori, a “fare la differenza”:  mettendo a sistema i punti di forza del nostro territorio ed affrontando, con impellenza e lungimiranza,  temi – come la sostenibilità, l’innovazione, il lavoro, la formazione e l’internazionalizzazione – che richiedono azioni pianificate e di lungo respiro.

Pandemia e post pandemia: il polso delle imprese e la “ripartenza”

In questi ultimi due anni il nostro tessuto industriale si è profondamente modificato a causa dell’emergenza pandemica. E’ quindi doveroso fare il punto sullo stato di salute delle nostre imprese: secondo l’ultimo rapporto Cerved, malgrado la pandemia abbia prodotto effetti severi sul sistema complessivo (portando ad un crollo dei ricavi per molte imprese, con conseguenti perdite e forti fabbisogni di liquidità per garantire la continuità aziendale), molte pmi hanno dato prova di un elevato livello di resilienza, favorito dai massicci interventi di policy.

In Italia gli interventi pubblici di sostegno diretto sono consistiti in ristori, indennizzi, moratorie, riduzioni e sospensioni di imposte, attivazione e ampliamento della cassa integrazione; gli interventi indiretti in garanzie sui prestiti e aumenti di capitale agevolati. Dati di confronto internazionale indicano che la dimensione del sostegno pubblico è stata nel nostro Paese particolarmente ampia (pari al 43,7% del Pil). Rispetto agli altri paesi, la strategia adottata dall’Italia è stata più centrata su sostegni indiretti (l’81% degli interventi).

Questo approccio – basato ampiamente sulle garanzie pubbliche ai prestiti – genera un effetto leva e ha il vantaggio di gravare meno sul bilancio pubblico rispetto a interventi diretti.

Così facendo, si scarica però il debito aggiuntivo sui conti delle imprese.

Succede che se il supporto pubblico ha finora evitato una serie di fallimenti non ha potuto però scongiurare un aumento di imprese a forte rischio di insolvenza: abbiamo tutti contezza che dallo scorso mese di gennaio le aziende sono tornate a pagare le rate dei finanziamenti pur con un’emergenza ancora in corso e problemi ancora tutti da risolvere.

Occorre essere cauti, pertanto, nel parlare di “ripartenza”.

Quindi, se è vero che oggila graduale uscita dall’emergenza pandemica richiede di abbandonare progressivamente questi provvedimenti emergenziali, (che hanno avuto il vantaggio della velocità), per favorire un ritorno alle normali logiche di mercato, è altrettanto vero che la ripartenza non potrà essere possibile se non si crea lavoro: quindi non più incentivi a pioggia bensì funzionali alle singole esigenze, che possano mettere le aziende nella condizione di diventare di nuovo moltiplicatrici di ricchezza.

Aziende, lo ripeto, che sono state resilienti ma non potranno continuare ad esserlo per sempre.

Ogni profondo cambiamento,tuttavia, porta con sè luci ed ombre.

La domanda che ci dobbiamo porre, quindi, è, fra le altre, se la crisi possa tramutarsi in un’opportunità di crescita per le imprese.

L’emergenza pandemica ha determinato infatti, oltre agli effetti di carattere economico- finanziario, altri che hanno modificato in modo strutturale le condizioni di domanda e di offerta. Pensiamo alla forte accelerazione dei processi di digitalizzazione, all’impatto sulla mobilità delle persone, ai nuovi processi di produzione e all’impulso su nuove attività, che hanno reso rapidamente obsoleti modelli di business precedentemente vantaggiosi.

Si tratta di logiche che molte aziende hanno già implementato nei loro processi, traendone spesso vantaggio, e che anche questa Confindustria, nella propria organizzazione interna, ha rapidamente recepito per non trovarsi impreparata rispetto a scenari profondamente modificati: questa capacità di far fronte a mutazioni così repentine dovrà entrare nel DNA di tutti noi.

Oggi, come vi dicevo, noi, come sistema imprenditoriale, abbiamo il dovere di accompagnare questo processo di ritorno alla “normalità” ampliando e intensificando alcuni asset fondamentali, che vi riassumo nei punti successivi.

La formazione, come leva del necessario cambiamento culturale

Costruire e condividere strategie che supportino il cambiamento alla base della cultura imprenditoriale e del fare impresa, sono i capisaldi del mio pensiero.

Molti di voi sanno in quale misura sia per me fondamentale la formazione, che considero un asset imprescindibile per la crescita,e, in questo momento particolare, per la ripresa. Formazione per me significa:

  • Pianificare percorsi formativi dedicati ai giovani talenti, linfa indispensabile per le aziende del futuro.
    • Strutturare processi che riducano il gap tra il mondo della scuola e quello dell’impresa, favorendo opportunità per le nuove generazioni.
    • Dare vita a dialoghi strutturati e sburocratizzati con gli istituti superiori, gli ITS e le università provinciali e regionali, riconoscendo alle imprese un ruolo-chiave nella formazione professionalizzante: penso a borse di studio da destinare ai neolaureati affinché realizzino progetti per le imprese, ed allo stesso tempo ad un graduale inserimento di questo capitale umano all’interno delle stesse imprese, evitando così la “fuga” nei paesi esteri.
  • Formare gli imprenditori, investendo su specifiche competenze manageriali per crescere e sviluppare nuove aree di business e per agganciare progetti in arrivo con il Pnrr, sul modello di Rinascita Manageriale proposto da 4.Manager (ente bilaterale costituito da Federmanager e Confindustria). Si tratta, in sostanza, di un nuovo progetto che prevede lo stanziamento di 4 milioni di euro sotto forma di rimborso spese a favore delle aziende che assumono un manager inoccupato e lo ingaggiano “guardando” a quattro settori strategici: innovazione e digitalizzazione, sostenibilità, organizzazione del lavoro post-Covid ed export. 

Tutto questo come humus per incentivare l’occupazione locale, reale alternativa alla ricorrente “fuga di cervelli”. Parallelamente, andranno dedicate azioni di supporto agli stessi imprenditori accompagnandoli verso un rinnovato approccio industriale che valorizzi ogni singola azienda come anello di una rete territoriale: l’idea è quella di riposizionare centralmente le nostre micro e piccole imprese, sollevandole dai ruoli marginali ai quali sono spesso relegate.

Affinché questo trovi riscontro nella realtà, non vi è altra strada se non quella di unire le forze e aprirsi a reti e consorzi strutturati, che interagiscano direttamente con le grandi aziende. Un approccio questo, che spesso spaventa noi coraggiosi ma diffidenti imprenditori meridionali, abituati a ritenere che il concorrente da battere sia il collega dirimpettaio invece che abbracciare, assieme a lui e a tutti gli altri, logiche commerciali win win.

Assieme a questi criteri da fare propri, chiederò a tutti voi di esprimere anche il  senso di appartenenza a questa Confindustria in modo diverso: più partecipe, solidale e compenetrato in quelle esigenze che di volta in volta si presentano e devono trovarci unanimemente protesi verso un obiettivo comune. 

La logica che vi chiedo è quella di far passare ogni processo di scambio, conoscenza e partecipazione attraverso la Casa degli Imprenditori, in un rapporto di mutuo sostegno.

Il primo è il supporto che Confindustria fornisce alle imprese: di informazione, tutela, accompagnamento nei processi di crescita.

Dall’altra parte, un esempio tangibile è l’imprenditore alle prese con una opportunità di investimento che non può avviare da solo; l’imprenditore che intravede in una conoscenza un’occasione di scambio e di crescita collettiva: l’imprenditore che ha l’opportunità di conoscere un progetto colmo di potenzialità tutte da capitalizzare. Sono solo esempi, volutamente banalizzati.

Ebbene, laddove dovesse considerare tali occasioni in funzione di realizzazioni di più ampio respiro, questa impresa troverà in Confindustria il giusto supporto per confrontarsi e analizzare ogni eventualità da mettere in campo per far sì che

uno scambio di conoscenze diventi partnership, un’idea diventi progetto, una programmazione complessa diventi realtà tangibile e   possibile.

E’ una vision, la mia, che contraddistingue da sempre anche il mio modo di essere imprenditore, e che vorrei che diventasse appannaggio di tutti voi.

Internazionalizzazione come antidoto alla crisi ed opportunità di crescita

La nuova Confindustria Taranto vuole porsi come soggetto facilitatore nell’accesso ai mercati internazionali, creando opportunità per diversificare la clientela target, spesso limitata a pochissimi committenti.

Delineare percorsi di internazionalizzazione mediante il dialogo con i colleghi delle omologhe europee, darebbe vita ad uno scambio virtuoso che a sua volta attiverebbe possibili relazioni commerciali internazionali per le aziende nostrane, favorendo la competitività di quest’ultime.

La mia ventennale esperienza personale nei mercati esteri, testimonia la non remota possibilità anche per le PMI di interagire con questi mercati, oggi tra l’altro più vicini e raggiungibili grazie agli strumenti e alle strategie digitali.

L’up-grade è quello legato alla trasformazione digitale, per il quale è però fondamentale organizzarsi, sia sul piano infrastrutturale che di formazione del personale. Bandi regionali e nazionali, oltre ai finanziamenti agevolati Sace-Simest, sono utili strumenti per colmare questo gap. Alla luce delle azioni di riaccentramento delle risorse che la Cina sta attuando a supporto del proprio mercato interno e a discapito dell’export, si profila per il mercato europeo e quindi per le imprese locali, l’occasione di acquisire quelle quote di mercato fino ad oggi ad esclusivo appannaggio del colosso asiatico.  Per esempio, cercando di tornare a produrre nel nostro Paese componentistica prodotta oramai solo in Asia: una questione sulla quale la Commissione Europea è intervenuta con un piano di risorse per potenziare la produzione di microchip, proprio in vista di un graduale affrancamento dalla dipendenza rispetto ai giganti asiatici.

La trasformazione conseguente dalle azioni di politica macro-economica apre spiragli per le nostre aziende in mercati, come quello europeo appunto, in cui la competitività cinese fino ad oggi non ha lasciato spazio. Un’opportunità che vi invito, fin da subito, a prendere in considerazione.

L’ecosostenibilità. Verso una nuova industria

Le annose battaglie che la nostra provincia vive, legate alla salvaguardia dell’ambiente e del lavoro, devono trovare risposte in programmi realistici e concreti.  Ambientalizzare la grande industria è possibile.

Farlo in questo momento storico, anche mediante i finanziamenti europei del Recovery Fund,  è l’occasione che lo Stato centrale dovrà opportunamente cogliere e che Confindustria Taranto dovrà monitorare e sollecitare con attenzione e determinazione. Siamo consapevoli che il nostro ruolo non è quello di decisore ma sicuramente può essere di forte impulso e stimolo: ed è questa, credo, una consapevolezza comune a tutti noi.

Consentitemi però, in questo caso, di affiancare al mio proverbiale ottimismo una altrettanto forte preoccupazione.

Ridurre l’impatto ambientale sul territorio, salvaguardando l’ambiente, la salute dei cittadini e tutelando allo stesso tempo il lavoro ed i lavoratori, resta la grande priorità che non consente ulteriori proroghe.

Ma parliamo di una partita enorme e complessa, che ci vede tutti coinvolti e su cui al momento non intravediamo scenari e programmi circostanziati, o almeno, laddove ci fossero, non a noi noti.

Non basta parlare di tempi ipotetici per il fondamentale processo di decarbonizzazione, che peraltro ci trova assolutamente concordi: occorre intravedere una pietra miliare, l’avvio di un percorso su cui gravano ancora, e forse è questo il reale problema, troppe incognite.

Non lo vediamo ancora, e questo non ci rende tranquilli.

E lo diciamo pur in presenza di certificate, risapute e reali volontà – che registriamo sia dall’investitore privato sia da quello pubblico –  di voler perseguire la strada del cambiamento possibile, ovvero di un processo di transizione energetica che è necessario ed è fattibile, ma non è celere né semplice .

Abbiamo contezza, e assieme speranza, che lo Stato potrà veramente svolgere una funzione determinante, purché a sua volta supportato con interventi e risorse europee, nel risanare, valorizzare e ricollocare nel mercato gli assets dell’ex Ilva, con trasformati livelli di performance produttiva e di impatto ambientale.

In questo riponiamo i nostri forti auspici, ma lavoreremo, d’ora in poi, affinchè ogni passo avanti, in questa partita così importante per il nostro territorio, ci possa vedere partecipi.

Il sistema imprenditoriale, la nostra Confindustria, non rivendica protagonismi ma processi di condivisione:  chiederemo di essere presenti ad ogni tavolo decisionale, affinchè ogni processo possa passare anche attraverso le nostre valutazioni.

Ed anche in questo percorso, sicuramente tutt’altro che facile, avrò bisogno di voi e del vostro supporto, ed anche delle vostre critiche, purchè costruttive.

Ed ora, pur voltando pagina, rimaniamo in tema.

Quando parliamo di sostenibilità – e di conseguenza di progetti alternativi – guardiamo inevitabilmente alla simbiosi industriale, e ad una serie di iniziative orientate alla condivisione di esperienze, di buone pratiche, di idee innovative che possano stimolare lo sviluppo di nuovi modelli di business sempre più sostenibili e sempre più orientati al riutilizzo di ciò che oggi è rifiuto ma che domani potrà diventare materia prima di nuovi processi produttivi.

Stessa attenzione sarà rivolta ai temi della transizione energetica ed ambientale per le iniziative relative alle nuove opportunità derivanti dagli ingenti fondi (PNRR, Just Transition fund Taranto) che vedranno protagonista il nostro territorio.

Importanti saranno in questo senso i momenti di confronto con il mondo accademico, i seminari di approfondimento ma anche il confronto diretto fra gruppi industriali di rilevanza nazionale ed internazionale con aziende radicate sul nostro territorio, comprese quelle lontane dalle dinamiche dell’industria pesante.

Le risorse del territorio- Progettare la trasformazione

Ho già avuto modo di soffermarmi brevemente, in questa mia analisi, sul compito cui noi imprenditori siamo chiamati nel tracciare un solco importante verso la ripresa sociale ed economica del territorio: un ruolo importante supportato dalle potenzialità insite nel DNA della Terra di Puglia e di tutta la provincia jonica in particolare.

Non a caso la Puglia è stata, per ben due volte, indicata come la regione più bella del mondo, fino a consolidare, negli ultimi anni, il suo status di itinerario preferito dai turisti, particolarmente nella stagione estiva.

Il turismo  – se declinato nei suoi molteplici aspetti – rappresenta, per la provincia, una leva strategica per destagionalizzare i flussi vacanzieri, ed è una opportunità che anche in questa sede torno a rilanciare: dobbiamo riuscire, anche e soprattutto attraverso un rapporto sinergico con le nostre istituzioni, a fare di questa opportunità un asset da capitalizzare.

Non va dimenticata, in questo senso, l’opportunità dei Giochi del Mediterraneo 2026, che aggiunge alle varie declinazioni turistiche quella sportiva e prevede il diretto coinvolgimento delle imprese nella programmazione degli interventi infrastrutturali, ma anche di riqualificazione e di ammodernamento, degli impianti sportivi di tutto il tessuto jonico.

E’ utile ricordare, infatti, per quanto già più volte attestato, come il quadro economico-finanziario per l’allestimento dei Giochi preveda l’utilizzo complessivo di ingenti risorse, fra interventi pubblici e privati. Le imprese, in questa partita, avranno un ruolo fondamentale, e per Taranto si tratterà di una vetrina internazionale e di straordinaria importanza in virtù di quel riscatto di cui spesso si parla in chiave di svolta e di rinascita del territorio.

Questo è solo un esempio che evidenzia il possibile sviluppo strategico per l’impresa di oggi e per quella di domani. Esistono poi delle risorse, sul territorio, di indiscussa valenza.

Il Porto di Taranto, egregiamente rilanciato dall’Autorità di Sistema portuale del Mar Ionio, rappresenta una realtà in divenire, sempre più proiettata in una dimensione internazionale.

Pensiamo alla apertura alle rotte crocieristiche ma anche all’ingresso di Yilport e all’insediamento del Gruppo Ferretti, ma soprattutto all’accordo di partnership e collaborazione tra l’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio e il Porto di Rotterdam  per il Future Port Innovation Hub, grazie al quale lo scalo portuale potrebbe diventare il primo Innovation Hub italiano in ambito di Economia del mare.

Quando si parla di Porto, tuttavia, occorre pensare in un’ottica di intermodalità da tempo perseguita, ovvero all’integrazione del sistema dei trasporti (ferroviari, stradali e autostradali, aeroportuali e quindi portuali), sfruttando anche il percorso di investimenti sull’intermodalità di cui la ZES Jonica, e per altri aspetti la Zona Franca andranno a  beneficiare.

Accanto a tutto questo, va tenuta in debito conto la designazione dell’aeroporto di Grottaglie a primo spazioporto italiano ed europeo, che significa molteplici opportunità nel campo della ricerca e dell’innovazione e delle scienze dello spazio, e che può potenzialmente convogliare infrastrutture, capacità ingegneristica e turismo.

Risorse a cui puntare con una visione di possibili ricadute sul territorio e di sviluppo aggiuntivo all’industria di tradizione.

Il territorio e gli investimenti

Con il PNRR si prospetta per i prossimi cinque anni uno scenario di grande trasformazione del territorio.

Questo cambiamento potrà contare su una dote straordinaria di risorse – non solo quelle ingenti già territorializzate del PNRR, ma anche quelle di altre programmazioni in corso. Fra queste il CIS (Contratto istituzionale di Sviluppo), che, avviato oramai diversi anni fa, avrebbe dovuto avere come ricaduta immediata l’apertura di cantieri legati alle varie progettualità, e che invece continua a scontare ritardi dovuti in gran parte, ma non solo, all’avvicendarsi di sempre nuove governance.

Saremo, in questa partita, al fianco delle nostre amministrazioni, propositivi ma soprattutto attenti a che ciascuno faccia la propria parte.

Ci sarà bisogno di celerità e concretezza, e le nuove semplificazioni ci auguriamo possano dare una mano.

Ci sarà bisogno di spendere le risorse nei tempi e farlo con il pieno coinvolgimento delle filiere territoriali.

Dovremo fare le opere rispettando i cronoprogrammi ma cercando di massimizzare l’impatto della spesa pubblica con la partecipazione attiva delle nostre imprese, esecutrici e fornitrici, ai processi esecutivi.

Starà a noi, in ogni caso, farci trovare pronti.

Abbiamo poi un altro compito altrettanto importante.

Sappiamo che i processi di cambiamento non possono camminare su una gamba sola, quella pubblica.

C’è bisogno che accanto alla spesa pubblica, pur rilevante come in questi anni straordinari che ci attendono, si creino le condizioni per rilanciare la leva finanziaria privata.

Non si rilancia l’economia e l’occupazione, non si rigenera e valorizza il territorio solo con l’intervento pubblico. Lavoriamo e lavoreremo per un sistema imprenditoriale che riscopra la voglia di investire e scommettere sul futuro.

Lavoriamo e lavoreremo per un territorio che, abbandonando pregiudizi ed atteggiamenti di ingiustificabile ostilità, sappia rimettere al centro l’intervento privato ed il ruolo dell’impresa.

La Confindustria che vogliamo

La nostra Confindustria deve, alla luce di quanto affermato fino ad ora, riconquistare autorevolezza sullo scenario nazionale e partecipare proattivamente ai tavoli istituzionali locali, regionali e nazionali creando dialoghi di qualità con le istituzioni.

Il modo migliore per farlo, a mio avviso, è servirsi di progetti e programmi duraturi, scevri da condizionamenti e volti esclusivamente allo sviluppo di pratiche virtuose per il territorio.

Di fronte ai ritardi e alle sempre più gravi fratture sociali del nostro meridione, lavoro e impresa hanno una grande sfida: confrontarsi su soluzioni concrete ed indicare insieme percorsi che guardino al prossimo futuro,parallelamente affiancati da una politica seria di riduzione del cuneo fiscale per le imprese e sul costo del lavoro.

Agire mossi dal buon senso, abbandonando la pratica del procrastinare in eterno soluzioni efficaci, è l’unica strada perseguibile. Cambiare è certo difficile, ma non cambiare per il nostro territorio è fatale.

La realizzazione del nostro programma per i prossimi anni richiede il massimo sforzo e la massima condivisione di tutti gli associati.

La mia sarà una posizione di ascolto costante di queste istanze, ma solo se, come è nel mio auspicio e nell’auspicio di tutti noi, saranno concepite nella logica del dialogo costruttivo e del confronto aperto e leale.

Non accetterò le logiche del “contro” e le dietrologie, attraverso le quali ogni crescita è condizionata da un eterno freno a mano.

L’associazione deve diventare il luogo dell’elaborazione: di idee, di proposte, di confronto prima ancora di diventare condivisione. Il luogo in cui  i vicepresidenti, il consiglio generale, il comitato di Presidenza, i Presidenti della Piccola Industria e del Gruppo Giovani, diventino elementi di mediazione fra le varie esigenze delle aziende associate e di collegamento con i soggetti istituzionali esterni.

Oltre alla “squadra” che mi affiancherà nel mandato con le relative deleghe, chiederò un impegno inedito e un approccio diverso ai Presidenti delle sezioni e delle delegazioni, affinché diventino promotori e portavoce di proposte e suggerimenti, traducendo al meglio ogni istanza che arriverà dalla base associativa.

Allo staff di Confindustria Taranto, chiederò di affiancarmi in un percorso al quale  io stesso cercherò di imprimere interesse ed entusiasmo, affinché possa diventare un modello di lavoro efficace e condiviso.

Dovremo assumerci tutti quanti insieme, e lo spero vivamente, la responsabilità e il coraggio di cambiare e di sostenere anche schemi inediti, non necessariamente più difficili ma sicuramente più stimolanti.

Lo diceva prima di me un saggio filosofo greco, e qui ripeto il messaggio di Socrate:

“Il segreto del cambiamento consiste nel concentrare la propria energia per creare qualcosa di nuovo e non per combattere contro il vecchio”.

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