Roberto Colombo, eccellente e storico polistrumentista che ha collaborato tra gli altri con PFM, Ivan Cattaneo, Garbo, Matia Bazar, Alberto Camerini, Miguel Bosè, Patty Pravo, Enzo Jannacci ci parla del suo ultimo cofanetto di musica strumentale, “La musica del buonumore”, e delle sue ultime produzioni con Antonella Ruggiero.
*di Vincenzo Salamina e Domenico Carriero
Roberto, come nasce il progetto “La musica del buonumore”, cofanetto contenente tre cd ed una chiavetta USB, di sola musica strumentale?
Nasce da musiche abbozzate e messe a punto dagli inizi degli anni ’90 fino ad un paio di anni fa. Il progetto discografico iniziale era costituito dall’attuale cd numero 2, ossia “La musica che non c’era, la musica inutile”, temi strumentali che avevo appuntato nel corso del tempo e che poi in studio ho registrato con il bassista Paolo Costa ed il batterista Ivan Ceccarelli. A questo disco si sono aggiunti gli altri due capitoli. Il primo volume, “La musica del buonumore vol. 1”, è un cd costituito da quasi tutte musiche composte per la pubblicità, andate o meno in onda, che poi ho esteso portandole a brani strumentali mediante l’aggiunta di saxofoni: il risultato è un disco che crea buonumore! Il terzo episodio invece è arrivato da una sorta di innamoramento che ho avuto per le canzoni degli anni ‘50, italiane e non, partendo dal loro mondo armonico, dagli accordi utilizzati, e da lì ho costruito un altro disco che si chiama “La musica che, probabilmente, sarebbe piaciuta a mio padre”; mio padre non ha sentito nulla di quelle musiche perché morto prima ma sono certo che le avrebbe apprezzate. Il quarto capitolo è invece una chiavetta USB che contiene, oltre alle versioni digitali dei tre cd, anche buona parte delle musiche fatte per la radio e la tv, incluso due pubblicità di cui vado orgoglioso e due/tre altre cose sfiziose.
Nella chiavetta USB ci sono anche due brani strumentali, “Attesa” e “Memoria”, che sono stati vocalizzati nel disco “Pomodoro Genetico” del 2008, in cui il nome tuo e di tua moglie Antonella Ruggiero compaiono sulla copertina. Una lunga collaborazione artistica tra voi che si è materializzata di recente con il nuovo disco di Antonella, “Come l’aria che si rinnova”…
“Pomodoro genetico” lo consideriamo un disco bellissimo, uno dei pochissimi che Antonella ha ascoltato tantissime volte dopo l’incisione, cosa insolita per lei. Include parti strumentali scritte alla fine degli anni ’90, prendendo poi forma fino a diventare colonna sonora per un festival di film muto dove Antonella eseguiva quei temi col solo vocalizzo senza l’intervento di testi, più alcune parti improvvisate. Per “Come l’aria che si rinnova” ho preso in mano i nastri di tutti i dischi di Antonella contenenti i suoi brani inediti, e non quelli in cui ha reinterpretato il repertorio altrui, selezionando quelli che abbiamo reputato essere i più significativi. Dai nastri originali ho tolto tutto quello che era ritmico, ossia basso e batteria, privilegiando le scritture per archi che sono stati mixati molto alti per darne risalto mantenendo la voce originale registrata nel corso degli anni. Il risultato finale è un disco che, ascoltato per intero, ha sorpreso anche Antonella!
Anche nella seconda metà degli anni ‘70 pubblichi due album strumentali, “Sfogatevi bestie” (1976) e “Botte da orbi” (1977), caratterizzati da una orchestrazione fuori da canoni stilistici predefiniti. Ma è anche il periodo delle collaborazioni con Ivan Cattaneo, Alberto Camerini, la PFM, per citarne alcuni. Che ricordi hai di quel periodo?
La mia professione è iniziata in quel periodo. Già alla fine degli anni ’60 ho iniziato a guadagnare i primi soldi suonando in giro; dopo lo stop del militare c’è stata una ripartenza suonando in un gruppo progressive per il quale arrivò una proposta da Patty Pravo con la quale abbiamo lavorato nel periodo 1974/75 e poi, come Roberto Colombo, nel 1977. Contemporaneamente alla registrazione del mio primo disco, “Sfogatevi bestie” a fine 1974, sono entrato in contato con Nanni Ricordi, direttore dell’etichetta “Ultima spiaggia”, che mi propose di curare il mio primo arrangiamento, quello di “L’elefante è capovolto”, brano di Ivan Cattaneo. In quel disco ho provato a scrivere per fiati ed archi. E’ andata bene e da lì è partita la collaborazione per il suo album “Primo Secondo & Frutta (Ivan compreso)” del 1977: un battesimo fantastico che mi ha aperto le strade della professione. Cattaneo era completamente svincolato dalle logiche degli altri cantanti, era per una strada tutta a sé stante dato che non c’erano riferimenti con altri stili musicali e altri modi di scrivere i testi: era un collage di gioco e, a sprazzi, di piccole frasi dense di significato.
Poi iniziò la collaborazione con Alberto Camerini, una tua vecchia conoscenza…
Camerini aveva già inciso tre album con la Cramps, etichetta molto importante all’epoca nell’Italia del Nord, che aveva tra gli artisti gli Area, Alberto Camerini ed Eugenio Finardi. Passando discograficamente alla CBS gli proposero di lavorare con me, sapendo che entrambi eravamo compagni di classe alle superiori. Ci siamo sempre frequentati e abbiamo anche suonato assieme nei nostri primi complessi come la Dreaming Bus Blues Band. Lavorammo quindi su “Alberto Camerini”, suo disco del 1980, progetto importante che partiva da una sua idea di avere una forte contaminazione elettronica su un mondo che a lui era ed è molto caro, ossia la musica barocca: con i sintetizzatori eseguii quindi delle parti in stile vivaldiano. Alberto, artista con una preparazione musicale e culturale enorme, aveva un linguaggio molto diretto e la critica non è stata molto morbida nei suoi confronti.
Sei stato anche qualche anno con la PFM partecipando ad un live storico con Fabrizio De Andrè…
Il rapporto inziale è stato con la PFM con i quali ho registrato in un pomeriggio alcune parti polifoniche di tastiera nell’album “Passpartù” del 1978, dato che avevo un sintetizzatore polifonico che loro non avevano. Poi andai in tournée con loro nell’estate successiva. Fu una esperienza bellissima, altamente formativa per me. La sensazione che ebbi il primo giorno di prove era di stare su un altro pianeta, vista la loro bravura. Mi sentii praticamente superfluo, ma mi tenettero con loro. In occasione del concerto di Nuoro venne a trovarci De André che ci invitò a pranzo a casa sua il giorno dopo. Mi trovai quindi coinvolto in quello che è il più bel disco dal vivo registrato in Italia, “Fabrizio De André in Concerto (Arrangiamenti PFM)”. Fu una storia bellissima, accolta molto bene dalla critica e dal pubblico, la cui importanza si è rivelata più che altro in questi ultimi anni. Ad esempio De André nei tour successivi non avrebbe più cambiato gli arrangiamenti di alcuni brani come “Pescatore” o “Bocca di rosa”, mantenendo quelli della PFM. Inoltre consideriamo l’importanza delle cover band di De André che ancora oggi usano gli arrangiamenti proposti dalla PFM in quel tour. Per non parlare de “Il concerto ritrovato” di un paio di anni fa, testimonianza video e musicale della tappa di Genova di quel tour.
Grazie Roberto per questa bella chiacchierata e per averci fatto conoscere un pezzo di storia della musica italiana.
Grazie a voi ed un saluto agli amici di Valle d’Itria News.
*Vincenzo Salamina e Domenico Carriero sono appassionati di musica e portano avanti un format su Youtube (che potete seguire qui), Facebook (raggiungibile da qui) ed Instagram (music.challenge321) chiamato Music Challenge, nel quale trasmettono in diretta le loro interviste. Con ValleditriaNews condividono amichevolmente le interviste a musicisti e artisti noti o meno della scena musicale italiana.
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