Ode agli insegnanti. La lezione antimafia di Gratteri e Nicaso

Semmai si dovesse pensare a una lezione antimafia leggera e divertente, appassionante e capace di lasciare traccia nei cuori e nelle teste dei giovanissimi martinesi, si può dire che quella di ieri è stata una delle più significative, alla vigilia del XXXI anniversario della Strage di Capaci.

Condotto brillantemente da Roberto De Candia, manager e amico del magistrato antimafia, l’evento che si è tenuto ieri a Palazzo Ducale, in quell’atrio di solito destinato solo al Festival della Valle d’Itria, per un paio d’ore restituito alla città, può essere stata una delle migliori lezioni antimafia a cui si sarebbe potuto assistere, tra esempi di inchieste e racconti personali, ma soprattutto grazie alla possibilità per i bimbi, prima solo gli alunni della Giovanni XXIII, poi tutti gli altri, di fare domande.

L’intuizione, e la caparbietà, di portare a Martina Franca Nicola Gratteri, la si deve alla maestra Maria Di Ceglie, in forza alla Giovanni XXIII, che è riuscita a offrire ai propri alunni, ma anche alla città, l’opportunità di conoscere da vicino uno dei protagonisti mondiali della lotta alla ndrangheta. Una opportunità colta al volo da Palazzo Ducale, dal sindaco, che ha omaggiato gli ospiti con un ulivo in ceramica, e dall’assessore Carlo Dilonardo, che è riuscito a coinvolgere le altre scuole.

“Appena posso prendo le ferie e vado a parlare nelle scuole” spiega Gratteri ai giornalisti, prima di iniziare, “e se solo il 20% di loro sarà attento, oggi, è un buon risultato”.

Perché, per dirla alla Bufalino, citato in apertura, per combattere la mafia serve un esercito di maestri elementari.

“Oggi gli insegnanti sono visti come sfigati” ha spiegato il procuratore di Catanzaro, “perché vanno al lavoro in panda. Si pensa che lavorino poco. Mentre il bullo che arriva al bar col macchino è idolatrato”. La mafia si combatte anche e soprattutto al livello culturale, perché non è una “tara”, ma è una “patologia del potere”, per dirla alla Nicaso, che si fonda su capacità di adattamento e di relazione, “è un elemento strutturale del capitalismo globale”. In parole povere la criminalità organizzata non è un fenomeno di folklore, ma nasce e si diffonde lungo le stesse strade che percorriamo tutti i giorni, per garantire profitto e ricchezza a pochi, a scapito di molti, attraverso ogni modalità possibile.

“Per il sud e la mia Calabria voglio le infrastrutture che sono in Veneto” spiega Gratteri, “E quando mi dicono che c’è la mafia, io mi innervosisco. Non sono frasi innocenti, ma sono alibi per dirottare i soldi in altri posti. Se si vogliono combattere le mafie, si possono fare delle riforme tali che non sia conveniente delinquere e in otto dieci anni possiamo abbattere le mafie fino all’80% e poi investire in istruzione e cultura”.

Se per un momento ci mettiamo nei panni dei giovanissimi alunni che hanno assistito ieri alla lezione di Nicaso e Gratteri, è possibile rendersi conto di cosa le loro parole potranno far germogliare nei cuori e nelle menti fertili degli alunni delle scuole elementari, se queste saranno opportunamente curate dagli insegnanti. Cosa è, d’altronde, la lotta alla mafia, se non un continuo e ostinato impegno contro la prepotenza?

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