Presente e futuro di architetti e ingegneri: domani seminario a Palazzo Ducale

Voluto dall’Ordine degli Architetti, P.P.C. e dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Taranto, martedì 20 giugno presso la sala consiliare del Comune di Martina nel Palazzo Ducale alle ore 15,00 si affronteranno i temi più importanti legati alla libera professione, dal suo avvio, al sistema pensionistico e agli obblighi per gli iscritti; intervengono il Presidente di Inarcassa,  Arch. Giuseppe Santoro e il Presidente della Fondazione Inarcassa Ing. Egidio Comodo, coordina il seminario il delegato nazionale per la provincia di Taranto Arch. Vincenzo Salamina:

Inarcassa, che conta circa 168.000, è la “Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti, assicura la tutela previdenziale degli ingegneri ed architetti che svolgono la libera professione e non godono di altra copertura assicurativa;

trattandosi di previdenza di primo pilastro l’iscrizione a Inarcassa non è né facoltativa, né volontaria, bensì costituisce un obbligo che insorge al verificarsi di condizioni oggettive, date dal possesso di requisiti specifici. Questi requisiti sono: iscrizione all’albo professionale; non assoggettamento ad altra forma di previdenza obbligatoria; possesso di partita IVA individuale, e/o di associazione o società di professionisti.

Inarcassa eroga pensioni (vecchiaia, anzianità, inabilità, invalidità, ai superstiti, di reversibilità e indirette) e garantisce agli iscritti prestazioni assistenziali che in taluni casi sono fruibili dal momento stesso dell’iscrizione ed in altri richiedono un’anzianità minima di appena due o tre anni (indennità di maternità e di invalidità temporanea, indennità per i figli disabili, coperture sanitarie, sussidi, mutui, finanziamenti in conto interessi e prestiti d’onore ai giovani). Fornisce inoltre altri servizi e convenzioni , mirati a sostenere l’esercizio della professione, come ad esempio la polizza Rc professionale , appositamente studiata per le categorie professionali di ingegnere e architetto.

La contribuzione, che è lo strumento per rendere concreta la tutela previdenziale garantita costituzionalmente, è basata su versamenti obbligatori, calcolati in percentuale sui redditi prodotti dai professionisti; sono comunque dovuti dei contributi minimi in misura fissa, indipendentemente dal reddito e dal volume di affari.

Inarcassa è stata fondata nel 1958 come ente pubblico per la previdenza e l’assistenza degli Ingegneri ed Architetti liberi professionisti; dal 1995 è un’associazione privata, basata su uno Statuto e un Regolamento Generale di Previdenza disposti dal Comitato Nazionale dei Delegati e approvati dai Ministeri vigilanti. E’ dunque un organismo in grado di operare in autonomia, ma sotto il controllo pubblico, in favore della categoria a cui si riferisce.

Nel 2012, a seguito del D.L. 201/2011 (art. 24, comma 24), Inarcassa ha deliberato una Riforma strutturale del proprio sistema previdenziale, che segna il passaggio al metodo di calcolo contributivo in base pro-rata.

 

Mentre lo scopo della Fondazione Inarcassa è il sostegno, lo sviluppo, la promozione e la tutela dell’ Architetto e dell’ Ingegnere che esercitano la libera professione in forma esclusiva. Per il raggiungimento di tale scopo l’attività della Fondazione si articola in diversi ambiti perseguendo vari obiettivi.

la Fondazione è luogo di dibattito, confronto e collegamento, tra i diversi soggetti che, a vario titolo e con diverse finalità, interagiscono nel mondo della professione di Architetto e di Ingegnere.

Sul fronte dei rapporti con l’esterno, la Fondazione svolge un’attività di monitoraggio di tutte le attività legislative e normative che nei vari ambiti si formano e interessano la categoria ponendosi come interlocutore propositivo e autorevole.

La stessa, ricerca il coordinamento con tutti i soggetti che rappresentano il mondo economico e civile, in modo da creare le condizioni per migliorare le possibilità con cui operano l’ Architetto e l’Ingegnere libero professionista e, nel contempo, far crescere, anche nella pubblica opinione, l’immagine e la rilevanza sociale di queste figure.

In questa attività, tesa al contatto esterno, la Fondazione utilizza, ad ogni livello, gli strumenti informativi ed i mezzi comunicativi utili per far comprendere il ruolo indispensabile dell’ Ingegnere e dell’ Architetto nello sviluppo e nella crescita del nostro Paese.

Sul fronte interno, la Fondazione è costantemente tesa a rispondere alle molteplici sollecitazioni, predisponendo gli strumenti atti a favorire un accrescimento della professionalità e della qualità della prestazione tecnica. Nasce come supporto alla figura dell’Architetto e dell’Ingegnere libero professionista nello svolgimento della sua attività quotidiana, attraverso la messa a disposizione di diversi servizi. A tal fine, infatti, la Fondazione eroga attività on-line consistenti in corsi di aggiornamento, offre consulenza e assistenza di vario tipo (tecnica e non) ed è impegnata ad attivare convenzioni finalizzate ad un miglioramento delle condizioni d’acquisto in settori quali: prodotti assicurativi, servizi, centroacquisti informatici ecc…

RIFLESSIONI SULLO STATO DELLE LIBERE PROFESSIONI

Un quarto del reddito dei professionisti divorato dalla crisi. Superava i 35mila euro nel 2008. Era sceso a 27mila nel 2013, ultimo dato disponibile dal rapporto Adepp (l’associazione delle casse di previdenza private).
Certo, con alcune differenze tra professione e professione, ma un calo generalizzato per tutti. E se la crisi ha pesato così tanto sui professionisti già affermati o comunque sul mercato da anni, si può solo immaginare l’impatto che ha avuto e ha tutt’ora sui giovani: un terzo dei giovani psicologi è disoccupato, e lo stesso vale per architetti (una delle professioni che ha più risentito della crisi) e avvocati. Non deve stupire quindi se molti neolaureati preferiscono abbandonare la strada dell’iscrizione ad un albo professionale, né se diversi professionisti che non riescono a pagare i contributi alla propria cassa di previdenza (circa 2mila euro l’anno) decidono di autosospendersi per congelare il versamento obbligatorio. Non si tratta di luoghi comuni, ma di una realtà confermata dai dati, tanto che secondo l’Adepp 9mila giovani sotto i 40 anni si sono cancellati dalla cassa di previdenza nel 2013.
Nonostante tutto, però, il numero degli iscritti alle casse di previdenza tiene.
Tra il 2007 e il 2013, si legge nell’ultimo rapporto Adepp sulla previdenza privata, la contrazione ha superato di molto il 20%. Con le professioni tecniche che, negli ultimi anni, risultano le più colpite dalla crisi. Dal 2011 al 2013, la diminuzione reale dei redditi medi di ingegneri, architetti, periti industriali, geometri e biologi è arrivata, infatti, al 22,9%. Una escalation negativa che va di pari passo con quella dell’area giuridica (-23,7%), fino al 2012 la più colpita dalla crisi. Basti pensare che il reddito medio di un professionista di quest’area sotto i 40 anni è pari, nel 2013, a 18.187 euro. Un professionista tecnico over 40, invece, guadagna in media 27.739 euro, il 22,14% in meno rispetto al 2007.
Le professioni più colpite
L’analisi dell’Adepp, inoltre, mostra le categorie professionali che hanno fatto registrare le perdite maggiori in termini di reddito medio: architetti, ingegneri. Queste categorie in media, tra il 2005 e il 2013, hanno subito un decremento del proprio reddito medio nominale pari al 9,27% che in termini reali arriva al 23,4%: nel 2005 il reddito medio reale era pari a 40.896,50 euro, nel 2013 a 31.315,45 euro, quasi 10 mila euro lasciati per strada. L’area maggiormente colpita è quella tecnica che ha fatto registrare una contrazione in termini reali pari al 39,2%. Quella giuridica del 35,6%, l’area sanitaria del 25,1% e quella economico-sociale del 26%.

Le cause del disastro
La crisi economica deflagrata nel 2008, che ha portato ad infinite dilatazioni dei tempi di pagamento e a un deciso aumento delle insolvenze, è indubbiamente una delle cause principali di questa contrazione, ma certo non l’unica. Perché non si può negare come i governi che dal 2006 si sono succeduti, al di là degli schieramenti politici, hanno manifestato, nei fatti, una forte avversione ideologica nei confronti delle categorie professionali.
Le lenzuolate di Visco-Bersani ne sono solo l’esempio più clamoroso. L’obiettivo dichiarato era quello di liberare il mercato delle professioni da vincoli e steccati che ne rendevano difficile l’accesso. La motivazione nascosta invece, (ma reale) era di consentire l’accesso di segmenti influenti del mondo confindustriale in un mercato ritenuto appetibile. Dunque, riforme ispirate ai preconcetti dell’Antitrust (libera concorrenza e facilità di accesso), senza considerare che il problema non era una restrizione dell’offerta dei servizi professionali, semmai l’eccesso di offerta. Ecco quindi l’abolizione dei minimi tariffari (che il legislatore nel 2013 ha reintrodotto sotto le mentite spoglie dei parametri) che ha creato problemi enormi alle professioni tecniche, soprattutto nei rapporti con la Pubblica amministrazione. In questi anni ci sono stati appalti di progettazione con ribassi d’asta fino all’80% dove a contare era l’offerta economica più vantaggiosa, non la qualità della prestazione professionale. E poi ancora con l’eliminazione di alcune esclusive o il riconoscimento di competenze a categorie diverse dalle professioni ordinistiche. La legge 4 del 2013 sul riconoscimento delle professioni non organizzate in Ordini e Collegi ne è l’esempio più eclatante.

Professionisti esclusi dai benefici
Di contro tutta una serie di provvedimenti che hanno tagliato fuori le professioni: dall’esclusione dalla cassa integrazione in deroga al silenzio assordante sulle raccomandazioni della Commissione europea in merito al diritto dei professionisti di accedere ai fondi strutturali europei. E poi ancora la stretta sul nuovo regime dei minimi, l’aumento della doppia imposta sui rendimenti delle casse previdenziali private. Per non parlare poi di una tassazione erosiva e di una burocrazia invasiva che grava sia in termini di adempimenti, sia in termini economici solo sulle spalle del professionista.
Nel frattempo, però, agli studi professionali e ai professionisti vengono richieste sempre nuove competenze e profili innovativi, molti legati alla digitalizzazione e alla informatizzazione. E poi nuovi adempimenti. L’esempio più eclatante è la riforma delle professioni voluta dall’ex-ministro della Giustizia Paola Severino, cioè il dpr 137/2012 che attua la riforma degli ordinamenti a norma del decreto legge 138/2011, convertito nella legge 148/2011. Una riforma che riforma poco, ma che in cambio introduce diversi obblighi, che hanno anche un costo, per i professionisti, basti pensare alla formazione continua o all’assicurazione obbligatoria. L’ultimo grido di allarme in questo senso è arrivato per esempio dai sindacati di alcune professioni tecniche come ingegneri e architetti che hanno stimato in circa 5mila euro la somma iniziale a fondo perduto che un giovane deve investire per far valere il solo titolo professionale tra iscrizioni (ordine e cassa), assicurazione obbligatoria e strumentazione.
E non è finita qui perché il disegno di legge sulla concorrenza (presunta), in queste settimane in discussione in parlamento, va verso una direzione simile a quei provvedimenti. Non sarà un caso se il giorno dopo la sua approvazione alcune grandi banche hanno reso pubblica la loro discesa in campo nel settore dell’intermediazione immobiliare: quando la norma diventerà legge sarà sufficiente per loro assumere qualche avvocato e gran parte delle operazioni di compravendita potrà essere fatta senza passare dai notai.
Certo, forse il legislatore piuttosto che fare di tutto per mettere i bastoni tra le ruote a un settore economico già in forte crisi, ma comunque capace di contribuire sul Pil per il 15% e di generare un volume d’affari pari a 196 miliardi di euro, avrebbe dovuto sostenerlo. Anche solo per arruolare i professionisti come ausiliari o truppe di complemento della scassatissima macchina pubblica. E quindi per farla funzionare meglio.

 

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