“Forse l’autista è della Cisl”, dicono scherzando alcuni lavoratori sul pullman del ritorno, riferendosi alla temperatura gelida dell’aria condizionata: dopo una mattinata di manifestazione sotto il sole estivo di settembre per le strade di Bari, il cambio repentino di temperatura non ha fatto piacere a nessuno. Il riferimento è ovviamente alla decisione degli altri due sindacati confederali di non aderire alla protesta, persistendo nella loro organicità al governo Berlusconi. Eppure, tra i quindicimila presenti in piazza (5000 secondo la Questura), ci sono lavoratori di Cisl e Uil, in dissenso con le loro segreterie.
Dalla provincia di Taranto sono partiti 30 pullman, più auto e mezzi privati, per un totale di 2000 persone. Ci dicono che una manifestazione così riuscita non si vedeva da anni. E soprattutto considerando i pochissimi giorni voluti per prepararla. La crisi si fa sentire e le persone iniziano a reagire.
Da Martina Franca è partito un pullman. Su di esso c’erano alcuni lavoratori dell’ITN di Nardelli, in crisi da mesi ormai. Non vedono i soldi della cassa integrazione da prima dell’estate, a causa di un errore dell’azienda nella compilazione dei modelli da consegnare all’INPS. Molti sono rimasti a casa, ma loro ci sono e ci credono: “Bisogna continuare a coinvolgere i lavoratori in questa battaglia” dice Massafra, segretario generale della Filctem, “affinchè non solo si salvi il loro posto di lavoro ma si preservi anche quel capitale di conoscenza di cui sono portatori. L’industria delle confezioni a Martina ha avuto maestri riconosciuti a livello mondiale. Noi ci impegneremo che queste conoscenze e queste abilità non vadano perse”.
Il corteo procede silenzioso, se non fosse per i fischietti: sembra quasi un corteo funebre: nonostante i sorrisi, negli sguardi di tanti si legge la difficoltà ad immaginare un futuro felice. La manovra che il governo ha presentato e poi ritirato e poi ripresentato sembra un bluff da tavolo verde per non far capire di non avere carte in mano. Eppure non si perde occasione per attaccare i diritti dei lavoratori, come se la libertà di licenziare (il famigerato articolo 8) potesse in qualche maniera rilanciare la produzione e quindi i consumi.
[grazie a Nico Caragnano per la foto]
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