Giornata mondiale del Rifugiato. Tu cosa faresti?

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Il 20 giugno si celebra in tutto il mondo la Giornata del Rifugiato, occasione per ricordare la condizione di milioni di persone in tutti i continenti, costrette a fuggire dai loro Paesi e dalle loro case a causa di persecuzioni, torture, ‬ violazioni di diritti umani e conflitti.

L’Art. 1 della Convenzione sullo status dei rifugiati definisce il concetto di rifugiato:  “colui che, (…) temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese: oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra“.

Il termine “persecuzione” non è definito nella convenzione di Ginevra. Il manuale dell’Unchr del 1992 chiarisce che “dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 si può dedurre che costituisce persecuzione ogni minaccia alla vita o alla libertà”. Sul sito del Ministero dell’Interno è riportata la lista di quei comportamenti che possono essere ritenuti persecutori.

‬La portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), Laura Boldrini,  afferma che sono circa 277.000 i richiedenti asilo in tutta l’Unione Europea, ma dimentica di riportare le cifre per intero. In totale sono 42,5milioni le persone costrette a lasciare la propria casa d’origine, molti restano all’interno dei propri confini mentre sono 800 mila l’anno le persone che si trasferiscono all’estero. Molti di questi non arriveranno mai a richiedere lo status di rifugiato, perchè non arriveranno mai sul territorio europeo, moriranno prima nei deserti, torturati e poi abbandonati o in mare, sui quei loro gusci capovolti.

Le masse, da secoli, si spostano liberamente da un territorio all’altro. Quando i confini li segnava il mare, o una montagna e non linee invisibili tracciate su cartine geografiche. Da sempre l’uomo è portato a scappare dalle situazioni di pericolo, lo facciamo tutti i giorni, anche inconsapevolmente, per istinto. Scappiamo dalle nostre paure e da quello che ci può mettere in difficoltà, anche se non ci cadono bombe sulla testa, anche se la nostra famiglia non è perseguitata, ci rifugiamo in qualcosa o in qualcuno. Diventiamo rifugiati senza aver firmato nessuna carta, senza aver presentato nessuno documento. Il rifugiato è un uomo che scappa per salvarsi la vita. Anche l’italiano scappava dalla miseria rifugiandosi nel sogno americano o nelle miniere in belgio, in svizzera o in Argentina.

Nella provincia di Taranto ci sono oltre 300 uomini che, dal 28 dicembre prossimo, data di termine per l’accoglienza dei profughi dalla Libia prevista dall’OPCM, si troveranno senza un tetto, senza riconoscimento di una protezione internazionale o umanitaria. Saranno fantasmi, e il loro inserimento sarà ancor più difficile. Anche Martina Franca vanta la sua esperienza. Ricordiamo infatti  quando,  a causa dell’ingente numero di sbarchi a Lampedusa e terminati i posti nei centri di accoglienza, il Governo, tramite le Prefettura portò a Martina Franca, presso  l’Hotel Dell’Erba trasformato per l’occasione in un CARA ( centri di accoglienza per richiedenti asilo ), circa cento di questi uomini migranti. Alcuni di loro ebbero la fortuna di rientrare in quella lista di comportamenti ritenuti persecutori e ricevettero lo status di rifugiato, riuscendo in qualche modo ad integrarsi nel sistema italiano o europeo, molti infatti avevano parenti in altri paesi europei che vennero poi raggiunti, molti di loro invece non ebbero la stessa fortuna.

Ad oggi il Governo non ha ancora preso una decisione sul futuro di queste persone che rischiano, di fatto,  un futuro di clandestinità consegnandole definitivamente al mercato del lavoro nero gestito spesso dalle mafie. Le conseguenze di questa situazione ricadranno sulle spalle delle amministrazioni locali, costrette ad affrontare un disagio sociale di enorme portata.

Roosevelt diceva: “Dove hanno inizio, dopo tutto, i diritti umani universali? In posti piccoli, vicino a casa, così vicini e così piccoli che non possono essere visti su nessuna mappa del mondo”. Rifugiarsi è un Diritto, concedere rifugio è un obbligo morale.

E allora, che questa celebrazione non sia solo un timido respiro in mezzo al gran fumo delle polveri alzate dal calpestio delle libertà, ma che possa essere l’ultimo trampolino di lancio per sorvolare quel maledetto fumo nero e respirare a polmoni aperti la dignità di un uomo ritrovato e rifugiato.

Dal sito dell’Unhcr alcune domande provocatorie che cercano di far capire il dramma di chi, spesso, è costretto a scegliere tra il rischio di morire nella propria casa o il rischio di morire scappando dalla propria casa:

Rimanere e rischiare la vita in una zona di guerra o fuggire e lasciare le persone che ami?
Rimanere ed essere costretti a combattere o rischiare la morte durante la fuga?
Rimanere e rischiare la vita sotto le bombe o fuggire e rischiare torture, violenze o qualcosa di peggio?

Tu cosa faresti?  

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