Paolo Borsellino e Giovanni Falcone: vivi in fondo alla carne delle nostre coscienze

Accettiamo i contributi liberi di chiunque abbia qualcosa da dire, soprattutto se si stimola il dibattito. In questo caso pubblichiamo un contributo inviatoci da Annalisa Scialpi in seguito alla lettura di un nostro articolo “Vent’anni fa in via D’Amelio moriva un giudice, nasceva un simbolo” :

La strage di Capaci del giudice Giovanni Falcone a cui è seguita, cinquantasette giorni dopo, precisamente il 19 luglio del 1992, quella del giudice antimafia Paolo Borsellino fatto esplodere in via D’Amelio, insieme con gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e, unico sopravvissuto, Antonio Vullo, non lascia un silenzio di tomba. Lascia un varco di sangue nella memoria. Sangue; vita. Sangue; morte. Un’ambiguità conciliata nel sacrificio di anni di indagini, tormenti, ideali, coraggio, entusiasmo: la vittoria del maxiprocesso terminato in meno di un anno, nel 1987, in cui più di 400 individui furono imputati per reati di mafia.

Ma Giovanni Falcone e Paolo Borsellino lasciano altro. L’appello alla moralità. Soprattutto. Moralità nella professionalità rigorosa e inattaccabile. Moralità nel credere in un luogo, in una casa, Palermo, liberata dal cappio della mafia. In un luogo da amare, fatto di gente che lavora, respira, vive. Onestamente, vive. Umanamente, vive.

Un sogno… L’alone preveggente di un mondo possibile. Un mondo che esiste. Che è possibile far esistere. Con l’impegno. La responsabilità. L’Impegno. La Responsabilità. Queste, soprattutto, le fasce invisibili ad aleggiare, vent’anni fa, quasi creature viventi, incarnate, sulla bara di due Uomini in grado di contrapporre al lassismo quiescente un’utopia da vertigine.
“Dobbiamo ricordarci di essere cadaveri che camminano”, recita l’interprete di Paolo Borsellino nel film del regista Gianluca Maria Tavarelli. Cadaveri che camminano… Guardando la morte in faccia coi denti digrignati nella morsa di un sogno che è compito morale.
“La mafia è un’organizzazione verticistica, organizzata come un esercito, che si muove in contrapposizione allo Stato, cercando di aggredirlo al suo interno attraverso infiltrazioni in esso” , recita il film dello stesso regista. La mafia, quindi, non è solo il blocco monolitico con al vertice il boss e ai piedi i suoi scugnizzi. La mafia si dirama, attraverso l’economia e la politica, nello Stato. E’ nello Stato.

I due giudici, osteggiati dalla politica e dalla stessa magistratura oltre che, a volte, dall’opinione pubblica aizzata dalla stampa locale, hanno proceduto il loro cammino, fino al Calvario, quasi soli, come pecore da macello la cui condanna finale è provenuta dallo stesso ovile compromesso da rapporti tra mafia ed esponenti dello Stato.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino lasciano, ora, un testamento che è più che semplice ricordo eroico. Un testamento che scrive nel sangue di due vite pienamente vissute cos’è la mafia: mafia è do ut des. Mafia è ipocrisia nei rapporti che cela disamore per il prossimo. Mafia è ozio e indifferenza. Mafia è mediocritas al potere. Mediocritas nelle pubbliche istituzioni. Nelle scuole. Negli enti pubblici. Mafia è assenza di sentimenti. Di poesia. Mafia è paura non riconosciuta e domata. Mafia è assenza di entusiasmi e di ideali. Mafia è pensiero tecnico, diviso, pragmatico. Mafia è subalternità costruita dai cretini al potere. Mafia è negazione della morte. Mafia è ignoranza. Mafia è disoccupazione. Mafia è illegalità. Mafia è solitudine del cittadino.
Eccoli i tafani rullanti nel grande vaso di Pandora della mafia. I tafani del chissenefrega. I tafani dell’amme’chemeneviene. I tafani dell’indugio nel liquame del sonno impuro dei muti compromessi.

Scrive Paolo Borsellino:
La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.

A Paolo Borsellino e a Giovanni Falcone e a tutti coloro che li hanno amati, seguiti e che continuano, per le angustie e le sofferenze sopportate, l’abbandono, le loro lotte, la loro testimonianza di cosa significhi essere Persone va il mio GRAZIE. GRAZIE perchè la vostra vita continua a gridare l’odore mistico, pulito della VERITA’.

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