Un post su Facebook, uno sguardo un po’ troppo indiscreto, un commento sentito per strada. Molto spesso nello scorrere tranquillo delle nostre vite irrompono elementi che interrompono lo schema, ci destabilizzano, ci scandalizzano. Molto spesso li affrontiamo con indifferenza, girando lo sguardo da un’altra parte, accelerando il passo, o cambiando improvvisamente discorso. Non vi capita di vedere gente che rovista nella spazzatura, oppure persone che hanno evidenti disagi e rimanere qualche attimo immobili chiedendosi che fare e poi fare di tutto per scacciare l’immagine dalla propria testa?
A Martina Franca esistono i poveri, e questo non ci deve scandalizzare. Ci deve scandalizzare invece il fatto che esiste la povertà, ovvero le condizioni perchè i nostri concittadini sono costretti a vivere ai limiti dell’umano. E a volte la povertà è nelle relazioni, nella amicizie, nella famiglia, nella loro mancanza. La povertà non è solo economica ma anche delle reti a cui si fa riferimento, ai gruppi sociali di appartenenza. Chi non ha nessuno potrebbe vivere nello stesso disagio di chi non ha nulla, se non peggio.
E questa è una storia che vi raccontiamo, ma di cui non facciano nomi, per tutelare i protagonisti dalla curiosità morbosa di sapere per essere spettatori, per guardare e non intervenire. E’ la storia di una donna sola, circondata da quello che più ama, gli animali, le sue cose. E’ la storia di una donna che probabilmente vive in uno stato di forte disagio, di difficoltà ad integrarsi nella società e di una società che non accetta le sue scelte, ma ne subisce le conseguenze, reagendo ai sintomi e non intervenendo sulle cause. I suoi cani sono pericolosi, lo dicono i vicini da anni, ci sono esposti, ci sono lettere, ci sono domande a cui nessuno finora ha risposto.
Fin quando non è la sua storia, la storia di una donna sola, ad intenerire e commuovere, ma quella dei suoi cani, fotografati e raccontati in modo macabro, necessario per attirare la giusta attenzione. Sono i suoi cani a far muovere i cittadini per risolvere il problema: contenendo i cani affinchè non mordano. E la donna, ci si può giustamente chiedere. E la donna, chi si occuperà?
Una bella domanda, a cui non esiste una risposta, perchè il sistema sociale italiano prevede che non si possa intervenire se non c’è una esplicita volontà da parte di chi vive il disagio, o di chi ne ha la podestà. E se non c’è domanda, non ci può essere risposta. E’ una questione di libertà, o di libero arbitrio, parlando ai più cattolici: siamo liberi di scegliere. Non possono intervenire i servizi sociali se non c’è volontà di farsi prendere in carico. E’ il compromesso con il potere.
Quindi si rischia di rimanere a guardare, mentre sui cani si interviene di forza, sull’evidenza, sulla donna no, perchè è la donna lo scandalo, sono le sue scelte a fare paura, in realtà, non i cani. Sono le scelte che l’hanno portata a non omologarsi, a non “normalizzarsi” a risvegliare quel timore verso l’ignoto che ci spinge a chiedere l’intervento dell’autorità.
Per questo motivo, riteniamo, parlarne apertamente, facendo nomi e cognomi, su Facebook magari, solleva sì il caso, attirando l’attenzione, ma contemporaneamente allontana la soluzione perchè trasforma il fatto, il disagio, in materia di spettacolo, in strumento per ottenere altro. Ma, contemporaneamente, non parlarne, per noi, sarebbe significato venire meno al dovere di cronaca che ci impone di dire “Attenzione, a Martina Franca oltre gli angioini ci sono i poveri, i tossici, i diseredati, gli ultimi. Abbiano la stessa attenzione che hanno avuto, dalla campagna elettorale in poi, i cani“, perchè lo scandalo serve, per interrompere lo schema del “tutt’apposto”.
Ecco quindi la storia, raccontata fino ad un certo punto, anche a dirvi: noi la seguiremo e faremo in modo che questa storia non diventi strumento per altro.
[Se qualcuno vorrà sapere qualcosa di più di questa storia, è pregato di contattare i servizi sociali.]
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