L’assessore Antonio Scialpi durante la presentazione aveva esplicitamente chiesto una soluzione alla situazione critica che il territorio sta vivendo, in particolare riguardo l’Ilva, che il sociologo valtellinese chiama “mostro”. Le risposte non si fanno attendere, in una conferenza/lezione in cui, in maniera molto semplice, ha spiegato ad una platea composta moltissimo da giovani, del “cambio di paradigma”, dalla fine della società novecentesca.
Peccato per chi non c’è stato. Anche nel Novecento.
Tentando di sintetizzare e di non perdere nulla delle informazioni che il sociologo ha condiviso con la platea martinese, iniziamo col dire che il mondo del conflitto tra lavoro e capitale è finito. E’ finito perchè il terreno di contesa, lo Stato, o gli Enti Pubblici, non sono più le vacche grasse da mungere, o meglio, non sono più quegli organi deliberativi capaci di destinare risorse e policy verso gli o gli altri. Quello che dispensano ora sono solo tagli.
In effetti, se si prende in considerazione il flusso del denaro pubblico, possiamo vedere che la maggior parte ha la fonte a Bruxelles, in Europa, spostando i centri decisionali dalla capitale dello Stato ad una sovranazionale.
Se il capitale e il lavoro non si scontrano più, o meglio, non hanno più il terreno sul quale scontrarsi, il nuovo paradigma mette in contrapposizione i flussi e i luoghi. I territori cambiano ruolo e diventano da terreno di scontro ad attori.
I flussi, che durante la serata il sociologo elenca, possono essere le migrazioni, la finanza, le transnazionali (ex multinazionali), il turismo. Sono fenomeni che non tengono conto dello spazio e che i territori devono decidere di attrarre o meno. Nel caso del turismo, ad esempio, un territorio contratta la propria posizione per decidere chi attrarre, come attrarlo e cosa farne. Oppure c’è il caso della Val Susa, in cui un territorio si oppone al flusso e decide di resistere. Una storia che è il simbolo del nuovo paradigma.
Se il territorio da luogo diventa attore, la domanda spontanea riguarda le connessioni, ovvero il modo attraverso il quale territori diversi si relazionano. Se lo fanno tramite i flussi (per esempio quelli turistici) saranno i flussi stessi a dettare le condizioni, attraverso interessi che non hanno nulla a che vedere con le necessità delle comunità che ci vivono. Il sociologo indica nella “voglia di comunità”, citando Bauman, l’alternativa sostenibile: solo facendo tesoro delle propria identità, attraverso un processo di consapevolezza, il territorio acquisisce forza contrattuale.
In parole povere, ma molto povere, prima di avere a che fare con i flussi sarebbe meglio fare un’analisi dei punti di forza di un territorio, capendo quali potrebbero essere le risorse e definendone il prezzo. Ma sarebbe il caso anche di non giocare di rimessa, perchè spesso non si ha forza per sostenere il confronto. Ecco quindi che entrano in ballo le reti di territori, come potrebbe essere la Valle d’Itria, che mette sul piatto le proprie risorse storiche, artistiche, culturali, enogastronomiche per entrare in trattativa con il flusso del turismo, proponendo, spera chi scrive, le modalità, le qualità e le quantità.
I territori e i flussi sono il nuovo paradigma di una società in cui le risorse sono sovrabbondanti (per una parte del mondo) ma sono scomparsi i fini, al contrario del secondo dopoguerra. La sovrabbondanza di risorse, che causa un aumento sconsiderato dell’offerta e della domanda, gonfia il mercato e toglie ogni limite al capitalismo (semmai esso l’abbia avuto). La soluzione, secondo Bonomi, è la Green Economy, ovvero il capitalismo che riconosce i limiti.
Secondo chi scrive questa frase è paradossale, perchè la mancanza di limiti nel capitalismo è ontologica, ma in realtà potrebbe accadere che i territori, coalizzati in reti flessibili, interscambiabili, intrecciate tra loro, possano dettare i tempi e i modi ai flussi, quindi al capitalismo postfordista, che introietterà le istanze territoriali come limiti.
L’Ilva, per esempio, troverà soluzione nel momento in cui i territori “circonderanno” con le loro istanze, le loro necessità, il “mostro”, imponendo un limite, un cambiamento. Produrre sì, ma rispettando l’ambiente.
A proposito di Ilva, l’immagine proposta dal sociologo Bonomi è molto suggestiva: “A Taranto è venuto a morire il fordismo” (occidentale, aggiungiamo noi…).
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