Emergenza lupi. Bruni (CIA): "Troppi attacchi, ma sono un patrimonio da gestire"

Cinquantatrè telefonate, cinquantasei allevatori, ecco la misura del problema” ci dice Franco Bruni, cunicultore, presidente della Confederazione Italiana Agricoltura (CIA) di Martina Franca, vicepresidente provinciale e coordinatore nazionale per la categoria polli e conigli, una delle associazioni di categoria che non era stata convocata ai tavoli provinciali e in Prefettura, per affrontare l’emergenza lupi. Venerdì a Palazzo Ducale un incontro organizzato da Tiziana Recchia, che si è fatta portavoce di un problema che sta colpendo tutti gli allevatori di Martina Franca da San Paolo alle Pianelle. I lupi sono tanti e sono affamati, e gli allevatori sono quelli che ne pagano il prezzo più alto.

Finora gli episodi di attacco agli animali da parte dei lupi erano in qualche modo sottaciuti, sia perchè la Asl non specificava nei verbali se fossero lupi o cani rinselvatichiti, e soprattutto perchè la procedura di rimborso è più complicata per i primi che per i secondi. Ma ora il fenomeno è così evidente che non si può far finta di nulla.

All’incontro, appunto, Franco Bruni era presente con gli altri rappresentanti di categoria, Giuseppe Tagliente e Giuseppe Caroli, il primo per Confagricoltura, e il secondo per la Coldiretti giovani di Taranto. Gli allevatori hanno chiesto al sindaco di sollecitare un incontro con la Regione, magari con Nardoni e Pentassuglia e quindi di istituire un tavolo tecnico sull’emergenza lupi. Un incontro già sollecitato da Palazzo Ducale.

Il problema è regionale, e solo la Regione ha gli strumenti tecnici e legislativi per porre rimedio all’emergenza. Come il problema legato ai rimborsi, per esempio. Bruni ci spiega che i rimborsi per gli animali vittime di attacchi di selvatici viene fatto dalla Regione: “Il problema dell’indennizzo è legato ai costi. Una pecora, per esempio, viene indennizzata con  sessanta euro, e per ottenerli bisogna avere la ricevuta di avvenuto smaltimento. Smaltire una carcassa costa cinquanta euro. Alla Regione chiediamo che l’indennizzo sia separato dallo smaltimento. Per esempio, se uccido una pecora con l’auto, l’assicurazione paga l’indennizzo per l’animale e il costo di smaltimento. Quindi perchè tocca a noi pagarci lo smaltimento? Il lupo è parte del patrimonio regionale e la Regione deve farsi carico per intero dei danni procurati”.

Franco Bruni ci aiuta capire meglio l’entità del problema, al di là degli allarmismi: “La dimensione del problema è data dalla massiccia  presenza di allevatori venerdì sera. Le perdite subite sono tante: da due a tre capi di bestiame a settimana, e non sono solo pecore, ma anche animali di grossa taglia fino a tre quintali. Non si tratta di attacchi di cani, ma di lupi“. La presenza di lupi sul nostro territorio è stata dimostrata sia con il ritrovamento di alcune carcasse e sia con gli esami del DNA fatto su alcuni campioni di feci trovati nei nostri boschi. Non ci sono dubbi: “Sono lupi di origine appenninica. Vorrei sfatare la leggenda che siano stati immessi  per il controllo dei cinghiali, ma sono scesi da noi proprio seguendo questi animali. Se fossero stati lanciati dalla Forestale, per esempio, avremmo la cosiddetta traccia. E così non è“.

Non sono arrivati negli ultimi mesi, tanto per dare un’idea del fenomeno, ma ci sono da anni: “Prima ammazzavano un capo ogni tanto, in modo sporadico. Poi il fenomeno si è per qualche tempo arrestato, ma ora sono tornati in massa se ne trova traccia su tutto il territorio della Murgia. Ce ne sono tanti,  ed è facile supporlo: se riescono a far fuori un puledro di tre quintali, o un vitello di podolica, comunque un animale di grossa taglia e la mattina non si trova nemmeno un brandello di carne attaccato alla carcassa, è evidente che qualcuno ha consumato più di un quintale di carne. Un lupo, da solo, non può mangiare 120 kg di carne, e due non ne possono mangiare 60. Possono consumare qualche  quattro – cinque chili. Quindi un branco. E se nella stessa notte ci sono stati diversi attacchi, vuol dire che non c’è un solo branco. Per questo abbiamo chiesto alla Forestale di mettere le fototrappole, per saperne di più. Tra un paio di settimane avremo qualche dato in più“.

Servono dati precisi, come è normale, serve avere contezza di un fenomeno di cui per ora si riesce a calcolare solo quanto danno fanno . E senza dati si rischia di trasformare il tutto in una guerra tra tifoserie distinte, come temono gli allevatori, che non vogliono l’estinzione del lupo, ma solo che venga arginato il fenomeno: “La presenza del lupo è positiva nel nostro territorio” continua Franco Bruni “perchè crea equilibrio. Un po’ come i virus: la loro presenza nel nostro organismo rafforza le nostre difese immunitarie, ma se sono troppi ci ammaliamo. Il problema è l’eccessiva presenza del lupo. Con la Regione bisogna capire come controllarne l’eccessiva presenza. Il lupo fa parte di un patrimonio che si deve tutelare, ma per tutelarlo bisogna gestirlo“.

Il lupo, inoltre, non rappresenta nemmeno un pericolo per l’uomo: “Sfatiamo la favoletta del lupo di cappuccetto rosso. Il lupo fugge quando percepisce la presenza dell’uomo, a differenza dei cani randagi, o rinselvatichiti”. Con questo non significa che si possa camminare spavaldi nei boschi perchè si pensa di essere invulnerabili, il lupo potrebbe diventare pericoloso quando messo alle strette, quando non può fuggire: “Se si trova nelle condizioni di dover scegliere tra la vita e la morte, attacca. Per trovare notizie di aggressioni da lupi bisogna andare indietro di due secoli“.

In attesa di vedere concreti passi avanti per questa vicenda, la testimonianza di Franco Bruni è importante per la definizione della situazione.

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