Un progetto di ammodernamento del depuratore che modificherà per sempre l’aspetto della Valle d’Itria, senza passare dalla dovute verifiche, tra cui la più importante, la Valutazione di Impatto Ambientale. Un progetto che prevede che lo scarico delle acque depurate di Martina Franca vadano a finire nelle falde sotterranee, supportate da una serie di enormi invasi, dette “trincee disperdenti”, cioè “trincee drenanti”, chiamate con un diverso nome. E’ quanto denuncia il Comitato Spontaneo per la Tutela della Valle d’Itria e la Cgil di Martina Franca, in una lettera firmata da cinquanta cittadini con la quale si chiede al Servizio Ecologia della Regione Puglia anche l’accesso agli atti di un procedimento, a dire del Comitato, troppo fumoso e fatto frettolosamente, il cui unico obiettivo sembra essere quello di fare in fretta spendendo poco e chissenefrega della Valle d’Itria.
Recentemente c’è stata una conferenza dei servizi in merito al nuovo depuratore, il cui progetto sembra non essere mai stato pubblicato per intero, o meglio, come dice Isabella Massafra, coordinatrice della Camera del Lavoro di Martina Franca: “Sul sito di riferimento c’è un progetto diverso di quello di cui si è discusso durante la conferenza dei servizi“. Quindi, come viene scritto nella lettera: “la previsione dello scarico in dolina fossile […] pur essendo stato posto quale alternativa all’originario progetto, non risulta essere mai stato pubblicato e/o reso pubblico per i cittadini“.
Secondo Cgil e Comitato, la scelta di andare verso lo scarico in dolina dipende dall’incapacità di trovare progetti alternativi: “per mascherare l’incapacità di trovare valide soluzioni alternative ad un progetto che, oltre ad essere obsoleto nelle soluzione tecniche, appare altresì più dannoso che vantaggioso“. Vantaggioso, secondo la lettera, per l’amministrazione che si porta a casa un risultato senza spendere soldi, e dannoso per tutti gli abitanti della zona, oltre che per tutta la Valle d’Itria. Se ciò non bastasse, nella lettera si fa riferimento al fatto che nella conferenza dei servizi si è detto che quella zona in cui insisteranno le “trincee disperdenti” è scarsamente popolata, mentre sarebbe vero il contrario.
A questo si aggiunge il problema dei carotaggi, fatti solo fino a cinque metri di profondità, che non bastano per sostenere la tesi della profondità della dolina. Questo passaggio è stato anche fatto dall’ARPA Puglia, che come il Comitato, la Cgil di Martina Franca e la Soprintendenza di Bari, vorrebbe che il progetto si assoggettasse a VIA. Nella relazione presentata dall’ARPA di Taranto, si fa presente che il progetto delle trincee disperdenti e dello scarico in dolina avverrebbe tra la ss172 e i binari delle FSE, in un’area grande un ettaro e mezzo. Praticamente a sinistra della stazione di servizio Q8 in Valle d’Itria, un’area classificata a pericolosità geomorfologica elevata (PG2). Secondo ARPA, le indagini sul suolo dove avverrebbe lo scarico, sono state fatte in maniera indiretta, per deduzione, diremmo, senza una verifica sul posto. In particolare, scrive ARPA, “le uniche perforazioni di sondaggio eseguite nei pressi dell’area di intervento si sono spinte fino ad una profondità di 5 metri, il che non permette di confermare le assunzioni fatte nel modello (banco di calcari stratificati e intensamente carsificati fino a circa 70 metri e calcari dolomitici compatti da 70 metri fino al di sotto del livello del mare)“. Una mancanza di informazioni esatte condivisa dagli stessi progettisti che ammettono la necessità di effettuare ulteriori indagini.
L’ARPA elenca quattordici punti che nel progetto dovranno essere rivisti. Uno dei quali è proprio riferito alla scelta di non indagare su strade alternative: “Si ritiene, altresì, che l’esclusione delle ipotesi alternative di recapito non risultano supportate da uno studio di fattibilità tecnico economica […] Con riguardo all’eccessiva onerosità, il legislatore non ha specificato in relazione a cosa l’onere debba considerarsi eccessivo, se con riferimento alla capacità economica in relazione alle dimensioni dell’opera o con riferimento al pregiudizio che si arreca scaricando sul suolo“.
Ma il punto più importante, sostiene l’ARPA, è che la legge impedisce lo scarico in falda (secondo gli articoli 103 e 104 del decreto legislativo 152/06) e il progetto presentato troverebbe l’escamotage dello scarico sul suolo.
In sintesi, per la Valle d’Itria si apre una stagione di importanti decisioni: può il nostro territorio essere vittima della fretta e della necessità di risparmiare denaro? Può essere sacrificato per sempre un pezzo, quello centrale, della Valle dei trulli, per far spazio ad un progetto che non si vuole nemmeno far passare dalla Valutazione di Impatto Ambientale?
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