Da Foggia a Lecce, passando per Bari, BAT, Taranto e Brindisi. Un viaggio nella Puglia Calibro 9, quella che ogni giorno sale alla ribalta delle cronache locali e nazionali attraverso omicidi, furti, rapine, spaccio di stupefacenti e molti altri reati.
Tutto questo – e tanto altro – è contenuto nel report della Direzione Investigativa Antimafia pubblicato negli scorsi giorni, un documento di quasi 300 pagine che traccia un identikit della criminalità organizzata su base nazionale, elencando nel dettaglio i risultati operativi e le attività di contrasto svolte ad ogni livello.
Il report si riferisce al primo semestre 2015 e, sebbene si parli di fatti non proprio recenti, si tratta comunque di un documento preziosissimo, molto dettagliato e comunque degno di nota, visto che le dinamiche criminali si muovono su piani a medio-lungo termine.
Essendo in Valle d’Itria focalizzeremo la nostra attenzione sul territorio in questione, non disdegnando però uno sguardo d’insieme su tutta la regione, visto che la criminalità non conosce confini territoriali ed è anzi in continua espansione. Secondo la DIA la criminalità pugliese è infatti abbastanza complessa, con le diverse famiglie che, se da un lato perseguono politiche conservative volte al consolidamento interno, dall’altro continuano ad adottare una politica espansionistica, talvolta entrando in contrasto con gli altri sodalizi. Il report evidenzia il grande potere della Sacra Corona Unita (SCU), ritenuta “la compagine associativa maggiormente radicata sul territorio, con epicentro tra le province di Lecce, Brindisi e Taranto”: un’organizzazione con un forte potere rigenerativo che, nonostante la forte attività di contrasto svolta dalle forze dell’ordine, continua comunque a contare sul continuo apporto di nuove fazioni e affiliati.
Nonostante questa apparente capacità di rinnovamento, la SCU secondo la DIA sarebbe comunque incline a mantenere un basso profilo, preferendo un controllo del territorio a base di estorsione, usura, pressione sugli enti e traffico di droga, con quest’ultima attività che ha portato la malavita pugliese a intrecciare complicate trame sia con la mafia del’Est (Ungheria in primis, a causa della permanenza in loco di diversi affiliati) che con quella di altre regioni italiane.
Abbracciando la Valle d’Itria ben tre province (Bari, Taranto e Brindisi), ci riferiremo esclusivamente a queste, nel tentativo di fornire un quadro più stringente al territorio di riferimento.
BARI – Partendo dalla provincia di Bari segnaliamo subito che secondo la DIA Locorotondo non sarebbe una città al centro di dinamiche criminali (perlomeno non di una certa rilevanza), anche se parliamo comunque di un territorio con una pluralità di sodalizi, generalmente su base familiare, ai quali fanno poi di riferimento delle cellule criminali di grandezza inferiore. Uno scenario definito “molto complesso” e nel quale si fa un abbondante uso di armi per rapine, estorsione, ricettazione e usura, senza contare diversi eventi criminali ai danni di sale giochi, vista la recente propensione della criminalità barese verso il controllo del gioco d’azzardo.
TARANTO – Passando all’area jonica e a Martina Franca, segnaliamo che anche qui non c’è particolare menzione da parte della DIA, che comunque racconta di un territorio con una criminalità definita “scomposta e disorganica” e che opera in provincia prevalentemente nei comuni di Crispiano, Palagiano, Palagianello, Mottola, Massafra e Statte attraverso traffico di stupefacenti, controllo delle attività commerciali e gestione illecita di appalti e servizi pubblici. Come se non bastasse, in un territorio di mare una grossa focalizzazione si è avuta anche verso il commercio dei prodotti ittici, come testimoniano due distinte intimidazioni con l’uso di ordigni esplosivi, perpetrate nei mesi di gennaio e febbraio 2015 nei confronti di altrettante pescherie joniche.
BRINDISI – Chiusura col territorio brindisino, nel quale ci focalizzeremo su due centri in particolare: Ceglie Messapica e Ostuni. Nella provincia in questione gli storici sodalizi della SCU risentono degli arresti di diversi personaggi di spicco, grazie ad importanti inchieste concluse negli ultimi anni. Anche qui però si registrano numerosi movimenti tra le file dei diversi sodalizi, in virtù di alcune spinte “autonomiste” da parte delle nuove leve, in aperto contrasto con lo status quo e l’egemonia dei vecchi capi. Di rilievo in questa provincia sono le influenze esercitate direttamente su Ceglie Messapica (col triumvirato Vitale-Pasimeni-Vicientino, presente in molti comuni del circondario brindisino) e Ostuni (con l’altro triumvirato Campania-Rogoli-Buccarella), anche attraverso diversi attentati dinamitardi ed incendiari verificatisi nel corso del semestre, da ritenersi reati spia di attività estorsive, non di rado correlate a pratiche usurarie. Oltre a ciò, particolare settore di interesse in quest’area è il mercato degli stupefacenti, vera e propria calamita per diversi gruppi, che a supporto dell’attività in questione hanno sovente utilizzato armi di varia natura, anche pesante.
Degna di nota appare l’operazione “Uragano” condotta nello scorso maggio, operazione che ha portato all’arresto di 40 individui facenti parte di tre diverse associazioni di narcotrafficanti, dirette da un pregiudicato affiliato alla SCU, con basi operative nel brindisino e con ramificazioni nel Nord.
Concludiamo il nostro viaggio con una nota particolare riguardante proprio il brindisino, e cioè il ruolo riservato alle donne, utilizzate non solo come corrieri di messaggi da portare all’esterno delle carceri, ma anche come accompagnatrici dei trafficanti fuori regione oltre che come “contabili” delle casse dei vari sodalizi.
Insomma, se da un lato realtà come Martina Franca o Locorotondo appaiono come non caratterizzate da una presenza mafiosa di un certo spessore, va comunque ricordato che le dinamiche criminali non rispondono certo a criteri legati alla territorialità, risultando quindi difficilmente inquadrabili in un contesto geografico, così come ricordato a più riprese dalla Direzione Investigativa Antimafia. Credere infatti che la città del Festival o quella del Bianco Doc siano isole felici nonché immuni dall’infezione criminale sarebbe un grosso errore peraltro smentito dai fatti di cronaca, non certo diffusissimi ma comunque presenti, senza contare la marea micro-criminale che non sale ogni giorno alla ribalta delle cronache locali.
Lascia un commento