L’11 settembre 2001 eravamo intenti a sperare in un mondo migliore

E voi dove eravate quando cambiava il mondo? Noi eravamo intenti a sperare in mondo migliore, quello immaginato dal Social Forum di Genova, quello raccontato nei primi blog, quello che avrebbe avuto come baricentro il Mediterraneo.

Tutti coloro che hanno una età adeguata ricorderanno cosa facevano quel pomeriggio (ora italiana) dell’11 settembre 2001. Chi scrive era in campagna, gli ultimi giorni prima di partire per Napoli e l’università, l’estate del diploma. L’edizione straordinaria del Tg2 e poi di tutte le altre reti, aveva interrotto la routine estiva fatta di pomeriggi col pallone, o in giro in motorino. La facoltà era già stata scelta, e parlava di Mediterraneo, perché fino al secondo prima che l’aereo si schiantasse sul WTO, il futuro era verso sud. Il G8 di Genova era finito da poco, spazzando via i sogni e le speranze a colpi di pistola. Il social forum composto da centri sociali, realtà culturali indipendenti, gli scout, i movimenti indigeni, chiesa cattolica e altre confessioni, era stato soffocato sotto gli anfibi della repressione. Il nuovo mondo era tutto da ricostruire, nonostante i morti, nonostante le violenze, fin quando due aerei non colpiscono al cuore il centro mondiale del commercio, sancendo la fine di un’era e l’inizio di un’altra.

Dopo l’11 settembre 2001 sembrava difficile pensare a un Mediterraneo come culla di sviluppo, perché sulla sponda sud si affacciava l’Islam, che era divenuto, nella vulgata, sinonimo di terrorismo. Alla presenza dei talebani eravamo stati abituati dalle campagne di sensibilizzazione delle varie ONG: sapevamo cosa facevano alle donne e alla cultura.

L’11 settembre 2001 è finito un mondo, ne è iniziato un altro. Con la scusa della guerra al terrore l’Occidente si è chiuso a quadrato intorno agli USA, un altro mondo non solo non era possibile, ma non c’erano le condizioni nemmeno per parlarne. La sinistra più distratta, quella più affine al potere e al governo, si era dovuta arrendere alla narrazione imperialista. Non c’era tempo per essere cortesi e gentili, bisognava reagire. Il mondo non era così bello che veniva raccontato.

Una narrazione che voleva l’Occidente alla guida del mondo che si è conclusa il giorno in cui Biden ha annunciato il ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Vent’anni in cui l’Occidente imperiale ha provato a difendere un presunto primato mondiale fondato sui pilastri economici e militari, salvo poi doversi arrendere al sorpasso da parte della Russia, della Cina, dell’India. Il ventennale dell’11 settembre deve portare con sé la consapevolezza che non siamo più il centro del mondo e che quello che verrà è imprevedibile.

Ecco, dove eravamo l’11 settembre 2001? Eravamo seduti al balcone, inconsapevoli che i vent’anni che seguiranno sarebbero stati il colpo di coda dell’egemonia occidentale, il tentativo estremo di essere al centro del mondo. L’Occidente, dopo la caduta del Muro di Berlino, aveva perso un nemico, l’antagonista, e iniziava a rivolgere la propria fame di conquista verso sé stesso, come un cannibale abbandonato nel deserto. Finalmente era tornato il nemico.

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