*di Vincenzo Salamina e Domenico Carriero
Da “Domani” del 1982 alle storiche partecipazioni sanremesi fino alla rivisitazione di classici della musica italiana. Quarant’anni di bella musica dell’eterno “bravo ragazzo”.
Marco, nel 2022 festeggiamo i tuoi quarant’anni di carriera in cui sostanzialmente la musica è sempre stata con te.
Tutto è iniziato nei primi anni ’80 a Domenica In. Poi ci sono state le partecipazioni a Sanremo dal 1983 al 1986, fino al successivo del 1994. Nel frattempo ho continuato a fare musica e serate, sviluppando nuove collaborazioni, la più importante delle quali con Pasquale Panella, autore di testi che ha scritto pagine incredibili di successi con Battisti, Zucchero, Morandi. Nel 1991 un nuovo album e il Cantagiro; altro album nel 1998 e poi nel 2004 Music Farm in TV, poi Techetechetè e nel 2018 Ora o mai più, sempre in TV.
Nasci Marco Antonio Armenise. In che modo ti sei approcciato alla musica arrivando poi ad assumere il nome d’arte Armani?
Ho iniziato in modo molto naturale. A sei anni ho cominciato a suonare, per una brutta malattia alla gola. Il dottore mi prescrisse di cantare e di suonare per la respirazione e mi regalarono una clavietta, praticamente una tastiera a fiato da cui mossi le prime note. A dieci anni mi iscrissi al Conservatorio e mi regalarono la prima pianola e poi il pianoforte. Mi diplomai in solfeggio ma non in pianoforte, perché la musica pop ha prevalso e mi ha fatto lasciare gli studi, anche se l’impronta è sempre rimasta. Dopo aver fatto parte di alcuni gruppi giovanili, sono diventato Armani. Il mio era un nome cacofonico, un po’ difficile da ricordare e siccome negli anni ’80 andavano i nomi d’arte, all’epoca fu grazie alla trovata di un direttore artistico che diventai Armani, ispirandomi allo stilista che andava molto di moda per i jeans. Per anni molti pensarono che fossi parente allo stilista Giorgio [sorride] ma ora non succede più.
L’hai accennato: tutto è partito da Domenica In nel 1982.
Sì, tutto è iniziato a Domenica In nel 1982 dove ho partecipato per quattro settimane ed ho potuto presentare il mio primo brano inciso, “Domani”. La trasmissione era presentata da Pippo Baudo, che è stato il mio talent scout, scoprendomi e dandomi la possibilità di partecipare e vincere nella sua trasmissione. Questa esperienza mi ha dato una certa notorietà: a quei tempi un passaggio in RAI era visibilità sicura e poteva cambiare la tua vita in quanto i canali TV erano pochi. Baudo mi aveva scoperto cinque anni prima, quando avevo sedici anni durante una serata col mio gruppo in Puglia e mi diede la possibilità di fare provini a Roma. Dopo vari tentativi di scrittura di canzoni che non mettevano a fuoco il mio talento è infine arrivato “Domani”.
Poi ci sono stati i vari Sanremo a partire dal 1983.
Nel 1983 portai “E’ la vita”: la stessa casa discografica di “Domani” mi invitò a parteciparvi e scrissi questa canzone con mio fratello Paolo. In quell’anno partecipò anche Vasco con “Vita spericolata” e quindi due artisti completamente diversi tra loro cantavamo entrambi un inno alla vita [sorride]. Nel 1984 portai un brano scritto da Ron, “Solo con l’anima mia”: mi arrivò una sua telefonata dopo avermi visto al mio primo Sanremo e si complimentò per il mio timbro vocale, chiedendomi di poter scrivere per me. Quando ascoltai questa canzone subito non mi entusiasmò moltissimo, poi invece, con l’arrangiamento e il provino, rendendolo mio, acquistò ulteriore fascino. In quel Sanremo arrivai secondo tra i giovani, dietro Eros Ramazzotti.
Già lì eri entrato nell’immaginario collettivo come il tipico “bravo ragazzo”.
Mi rappresentava perché, essendo stato un bravo ragazzo sul serio, ero autentico. Io sono uno di quegli artisti che in qualche modo non ha mai preso scorciatoie di vizio, di droghe, di alcool o di dipendenze e oggi ne sono fiero perché molti della mia generazione non hanno avuto questa fortuna e sono caduti in brutte tentazioni.
Torniamo ai Sanremo: nel 1985 presenti un brano che, nonostante non abbia vinto, può considerarsi un evergreen della musica italiana, “Tu dimmi un cuore ce l’hai”.
E’ stata la canzone che mi ha permesso di essere ricordato, nonostante sia stata scritta con un inciso che arrivava con una armonizzazione un po’ strana, che non ti aspettavi. Esso fu incluso nel mio primo album, “Le cose che vanno lontano”, in cui c’è il brano omonimo scritto con Valerio Negrini dei Pooh. Tra l’altro l’album fu prodotto da Red Canzian. Sono stato sempre vicino ai Pooh, essendo un loro fan: quando venivano in concerto a Bari li seguivo per gli autografi. Alla fine di un loro concerto andai a salutarli e loro si ricordarono di me, dato che facevo parte del gruppo “Parsifal” che, quando avevo sedici anni, li seguiva negli hotel per gli autografi. Red aveva uno studio di registrazione pazzesco al Castello di Carimate. Ci fu la voglia di produrre un intero album e arrivò anche il brano sanremese.
Nel 1986 portai a Sanremo “Uno sull’altro”, completamento arrangiato da me, dato che da un anno avevo iniziato a destreggiarmi con gli arrangiamenti. Era tratto da una storia vera di due ragazzi che si innamoravano mentre manifestavano la loro idea in un corteo. A Sanremo 1988 fui presente come autore, avendo scritto con mio fratello Paolo una canzone per l’esordiente Stefania La Fauci, “Vorrei”, e andò discretamente bene.
Cosa è rimasto della musica anni ‘80?
La spensieratezza di quegli anni, la genuinità, la voglia di scrivere per il pubblico e non per le radio, perché le radio erano a servizio dei cantanti, non erano padroneggiate dalle case discografiche, dalle multinazionali che oggi sponsorizzano i tanti network che detengono il primato dell’ascolto della musica. Prima le radio erano libere di trasmettere quello che volevano. Oggi la musica è molto condizionata dalla moda e quindi meno genuina, meno vera, poi è chiaro che ci sono le eccezioni. Ad esempio penso che Tiziano Ferro sia un talento da un punto di vista musicale e di scrittura. Così come Marco Mengoni, con il suo timbro particolare, ma anche Michele Bravi e diversi altri. Il problema è rimanere nel tempo perché con i talent i cantanti escono come funghi, ma si crea anche molta confusione.
La spensieratezza degli anni ‘80 la si ascoltava tutta nella tua voce del jingle del “Cuore di panna”.
In quegli anni ebbi la fortuna di cantare questo jingle; mi chiesero di farlo ed accettai subito di fare il provino. Quel jingle imperversò per tanti anni ed è stato riproposto nel 2019 per l’anniversario del cornetto più famoso.
Arriviamo agli anni ’90.
Gli anni ’90 videro il mio ultimo Sanremo, nel 1994, con “Esser duri”, scritta con Luca Carboni, che aveva composto anche “Solo con l’anima mia” nel 1984 con Ron. Ci fu la voglia di scrivere una canzone assieme: gli mandai la musica del brano e non credevo con questa canzone cantautorale, strimpellata alla chitarra, di piacere tanto a Luca e ai discografici. Quel decennio era iniziato nel 1991 con l’album “Posso pensare a te?”, il secondo scritto con Pasquale Panella, dopo “Molti volti” del 1987. Con lui sperimentai questo linguaggio, questo modo di scrivere unico. Sono molto legato a questo album che, nonostante la poca visibilità, si impose nel mondo discografico. La collaborazione con Panella continuò nel 1997 con un album che ritengo incredibile, dal titolo “Tredici”, che venne distribuito pochissimo, solo 2000 copie, per problemi di distribuzione discografica. Un album che è una spina nel fianco, da pochi ascoltato, che non ha avuto quella diffusione che poteva meritare ma l’appuntamento con il pubblico è sempre una grande incognita. Con Panella poi scrissi un brano interessante per Tosca, grandissima interprete: con lei facemmo una tournée insieme in cui lei cantava in un mio spettacolo e ci fu la possibilità di scrivere per lei “Noi soli”. Lo stesso Battiato riconobbe in quel brano molto spessore e talento sia nella voce che nella scrittura.
Nel 2007 pubblichi un altro album, “Parlami d’amore”, progetto di riscoperta di Cesare Andrea Bixio.
E’ un disco fatto di rivisitazioni, e non cover, perché si tratta di dieci brani completamente riarrangiati di Bixio, padre della musica italiana che ha scritto grandi successi conosciuti in tutto il mondo, come “Parlami d’amore Mariù”, “Mamma”. Siccome facevo parte della casa discografica di Bixio, in occasione dell’anniversario della sua morte decidemmo di dedicargli un disco nuovo, con arrangiamenti innovativi per quell’epoca. Il disco si chiude con un omaggio scritto con Panella, “Tu rire”, scritto nel 1994.
Arriviamo al 2018 e al disco “Con le mie parole”, un’antologia contenente brani inediti.
Il disco nasce dopo la mia partecipazione ad “Ora o mai più” in TV, dove mi sono rimesso in gioco col rischio di prendere una scivolata ma mi ha sempre stuzzicato l’idea di non di rifare le stesse cose. Anche qui ho rifatto gli arrangiamenti dei miei brani assieme a chi ho conosciuto in questi anni, ossia Ron, Carboni e Red Canzian. Ci sono anche tre inediti. Il primo è “Non ho tempo”, di cui sono in parte autore del testo. Vedevo questo testo molto rappresentativo di quello che stavo vivendo quattro anni fa. Poi c’è “A modo tuo”, scritto con l’autore Maurizio Festuccia, e “L’ultima lettera”, un pezzo scritto a quattro mani con Enrico Ruggeri. Alla fine anche una chicca dedicata a Pino Daniele, cantautore che ho sempre amato. Pochi sanno che all’interno del patrimonio artistico che ci ha lasciato c’è anche “Anna verrà”, che scrisse per me negli anni ’90. Dopo tanti anni ho voluto fare un omaggio riarraggiandola e ricantandola a modo mio. Abitando a Bari andavo a vedere i concerti di Pino e una volta andai a salutarlo: si ricordò di me e disse che ero una delle nuove voci interessanti di quel momento e che avrebbe scritto per me una canzone. Dopo qualche mese mi chiamò da un teatro di Avellino dove era per un concerto e mi disse che aveva scritto un pezzo per me. Mi fiondai nel teatro ed in camerino con la chitarra mi fece sentire “Anna verrà”. Feci un provino a Formia e dovevamo andare anche a Sanremo con quella canzone.
Tante le partecipazioni televisive: nel 2001 “La notte vola”, nel 2004 “Music Farm”, nel 2015 le sigle di “Techetechetè” e nel 2018 “Ora o mai più”. Quale di queste ha lasciato un segno nel cuore?
Io sono legato sentimentalmente ai Festival di Sanremo, anche se lì vivevo con molta incoscienza: mi rendevo conto di essere a Sanremo quando sentivo la sigla dell’Eurovisione. Anche oggi sono spesso in TV in “Oggi è un altro giorno” con Serena Bortone, dove ho cominciato in sordina, rimettendomi in gioco duettando con gli ospiti e adesso il venerdì è diventato un appuntamento fisso. “Music Farm” è stato un altro appuntamento incredibile che mi ha dato la possibilità di stare un mese e mezzo in TV con grandi personaggi, dai Ricchi e Poveri a Riccardo Fogli, dalla Bertè a Scialpi, cantanti che come me si rimettevano in gioco. Facevamo il nostro mestiere. Una bellissima esperienza che rifarei ad occhi chiusi perché mi ha veramente lasciato tanto.
Nel 2017 in un film di Luca Guadagnino, “Chiamami col tuo nome”, viene inserito il tuo “E’ la vita”.
Con grandissima sorpresa ho scoperto di essere stato scelto per la colonna sonora di questo film. Sono stato felice perché ci sono stati anni in cui sono stato allontanato dal settore e tornarci è stato più difficile. Mi sono però rimboccato le maniche e sono andato avanti, facendo anche esperienze diverse, per continuare comunque a fare musica. Mi sono fatto degli enormi bagni di umiltà, riscoprendo le mie origini, aspettando tempi migliori e le occasioni sono poi arrivate.
Marco, ti ringraziamo di aver ripercorso con noi i 40 anni della tua carriera con la promessa di riaverti qua per celebrare i cinquant’anni.
Speriamo anche prima. Grazie a voi e a tutto il pubblico di Valle d’Itria News.
*Vincenzo Salamina e Domenico Carriero sono appassionati di musica e portano avanti un format su Youtube (che potete seguire qui), Facebook (raggiungibile da qui) ed Instagram (music.challenge321) chiamato Music Challenge, nel quale trasmettono in diretta le loro interviste. Con ValleditriaNews condividono amichevolmente le interviste a musicisti e artisti noti o meno della scena musicale italiana.
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