Due storie completamente diverse (una ambientata in Valle d’Itria e l’altra a Milano), due quadri che rappresentano le facce della stessa medaglia, quella di Jacopo Epifani, giovane scrittore pugliese in uscita in queste settimane con due titoli, “Debito di coscienza” e il racconto “Degenero”. Epifani è originario di Ceglie Messapica ma abita e lavora a Milano, città in cui si è trasferito nel 2012 per ragioni di studio e in cui è rimasto a fare l’avvocato penalista.
Il 2 giugno prossimo uscirà per Morellini Editore, casa editrice milanese che quest’anno ha ottenuto due candidature per il Premio Strega, il suo primo romanzo: un poliziesco ambientato a Roccaditria, capoluogo fittizio della Valle d’Itria e della Murgia meridionale in cui il lettore potrebbe ritrovare scorci, costumi, lessico e dinamiche sociali di Ceglie Messapica e degli altri borghi del territorio.
La presentazione presso la sede della Morellini a Milano è prevista per il 6 giugno p.v. mentre il 12 giugno si terrà online una conferenza stampa di presentazione. ll libro è già preordinabile dagli store online (Amazon, Feltrinelli, ecc.).
SCHEDA:
«Se casuale era stato quel particolare concatenarsi di eventi, tuttavia, ineludibile restava il destino di un uomo come don Vincenzo: era inevitabile che prima o poi incontrasse qualcuno pronto ad approfittare delle sue debolezze. Come due biglie lasciate rotolare in una coppa: una volta fanno un giro in più, un’altra un giro in meno, ma prima o poi si scontrano.»
A Roccaditria, capoluogo dell’immaginaria provincia pugliese della Valle d’Itria, tra i furgoni e le bancarelle del chiassoso mercato aperto settimanale sparisce don Vincenzo Serio: rampollo ormai anziano di una famiglia il cui prestigio è da tempo decaduto, uomo controverso, vedovo rovinato da un’infatuazione narcisistica per la sua giovane domestica e perciò caduto nella rete dell’usura.
Tutte le ipotesi sono sul tavolo: don Vincenzo è morto? È vivo? Se è morto, è stato ucciso o si è ucciso? Se è ancora vivo, è stato sequestrato oppure ha fatto perdere volontariamente le sue tracce? Sarà possibile ritrovarlo nel viluppo di antichi vicoli bianchi e tratturi sommersi nella rigogliosa campagna murgese che definisce la topografia di Roccaditria? Chiamati a svelare la sorte dell’uomo, tre investigatori di provincia (il pubblico ministero Calò, il maresciallo Volpe e la vicebrigadiere D’Atena) dovranno vincere le resistenze di una famiglia enigmatica e affrontare una criminalità locale spietata e tentacolare, districandosi tra fattucchiere, lettere anonime, cavilli legali, tradimenti professionali, imboscate notturne, inseguimenti e incendi dolosi.
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Il 26 aprile, invece, è uscita per Mondadori l’antologia “La pelle di Milano”, contenente quindici racconti ambientati nella città di Milano selezionati all’esito del concorso letterario “ScriviMi”, bandito dal Laboratorio Formentini. Uno di questi è “Degenero”, dove la penna di Epifani dipinge una breve storia noir che narra le depravazioni della notte milanese.
SCHEDA:
I quindici racconti de La pelle di Milano, scelti tra più di trecento, raccontano e svelano la città che ci appare illuminata da una luce nuova, cruda, affascinante, vera. Con la prefazione di Giacomo Papi e Alberto Rollo e a cura di Laboratorio Formentini, quest’antologia cerca quasi automaticamente tagli prospettici che non rispettano i luoghi comuni e disegnano una mappa originale della città. La pelle di Milano indugia sulla vita e sulla mala vita, fa esplodere ritratti di rabbia, di desolazione, di desiderio; affonda negli interni di abitazione precarie e srotola tappeti strappati di periferie; stacca ritmi che segnano il tempo immobile e il tempo velocissimo della sopravvivenza; scende negli inferi e risale a contemplare il cielo.
Gli autori di questi racconti esprimono un’urgenza che a volte sorprende e lascia senza fiato. Si tratta di un’urgenza liquida che converge sempre e comunque nello sgomento di esistere. Ci fosse un politico capace di leggere la città che qui si racconta e di pronunciarla correttamente forse avrebbe qualche strumento in più per governarla, o magari trasformarla.
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