Piano urbanistico. Il Consiglio di Stato condanna il Comune per l’affidamento diretto all’Università

Una sentenza destinata a fare giurisprudenza. Il Consiglio di Stato ha di fatto stabilito che l’affidamento dell’incarico di redazione del Documento Programmatico Preliminare al Dipartimento di Ingegneria Civile del Politecnico di Bari da parte del Comune di Martina Franca è illegittimo. Il ricorso è stato presentato dall’Ordine degli Architetti della Provincia di Taranto, e con la sentenza n. 1193 del 2015, il Consiglio di Stato ha ribaltato quanto stabilito dal Tar di Lecce che dava in pratica ragione al Comune.

Il fatto è semplice: Martina Franca ha bisogno del nuovo piano urbanistico generale. Per arrivare a fare questo, serve prima una fotografia della città, con particolari indicazioni di punti di forza e punti di debolezza, che possa servire quindi come traccia per la stesura del piano, che sovvertirà l’aspetto della città e ne determinerà la forma per i prossimi vent’anni. Serve una diagnosi: si chiama DPP, documento programmatico preliminare. Il 30 dicembre 2011 (la fine dell’anno porta sempre sfortuna a Palazzo Ducale), il Consiglio Comunale (cioè il commissario Calvosa, che deteneva all’epoca il mero e misto imperio) affida al Politecnico di Bari la stesura del DPP: la convenzione viene stipulata dopo un mese, il 25 gennaio 2012. Il costo dell’affidamento era di 39.500 euro, di mezzo migliaio di euro al di sotto della soglia massima per affidamenti diretti. Sarebbero bastate poche decine di euro in più per essere costretti a fare una gara di evidenza pubblica.

Contro questa scelta ha fatto ricorso l’Ordine degli Architetti di Taranto, in un’azione che ha trovato il supporto anche di quello nazionale. Il problema è che con la scelta di Palazzo Ducale di non andare a gara, e quindi di escludere di fatto i professionisti del territorio dalla possibilità di fare il loro lavoro. L’Ordine, quindi, ha fatto ricorso, ma in prima istanza è stato rigettato dal Tar di Lecce, sostenendo che l’incarico non andasse oltre la funzione dell’Università, ma fosse strumentale alla funzione di promozione della ricerca scientifica. Certamente, con 40.000 euro in più, si può ricercare meglio.

L’affidamento, di fatto, non è stato revocato da Franco Ancona e si è quasi arrivati alla discussione in Consiglio Comunale del DPP. Sembra quindi una gara a chi arriva prima: il Consiglio di Stato ha tagliato il traguardo, battendo quello comunale di un soffio e il rischio è che sia tutto da rifare.

Il problema dell’affidamento diretto all’Università per la redazione del DPP ha tre prospettive da cui può essere affrontato. La prima è quella sollevata dagli architetti: il Comune così facendo impedisce che svolgano il proprio lavoro e in qualche modo ne delegittimano il ruolo, preferendo affidarsi all’Università è come se si ritenessero gli architetti e i professionisti non adatti.

La seconda prospettiva è di ordine politico: la fotografia scattata dal Politecnico determinerà la prospettiva da cui poi si stenderà il PUG. E come tutti sanno, a seconda dello specialista a cui si chiede il consulto, dipende poi la cura. Se non si coinvolge il territorio, chiedendo ai cittadini cosa va bene e cosa va male, come si può pretendere di aver incluso tutti? Palazzo Ducale in questi giorni ha organizzato alcuni incontri. Uno in campagna e tre (di cui l’ultimo domani) a Palazzo Ducale. In questi incontri i cittadini avrebbero dovuto dire la loro in merito al DPP, che è un documento di 344 pagine con mappe e foto. Le osservazioni al DPP dovrebbero essere poi integrate dai tecnici. E’ evidente che tutta la città è stata esclusa dalla discussione in merito al suo futuro, come un bambino tenuto all’oscuro della sua malattia mentre il medico ascolta i genitori. A nulla sono valsi finora gli appelli di fare sul serio in materia di partecipazione: il tempo stringe, il tempo stringe, il tempo stringe. (qui il link al documento integrale)

La terza prospettiva è la più tragicomica. Chi conosce minimamente come funziona l’Università italiana sa che ogni incarico affidato ad una Facoltà viene poi demandato agli studenti, magari ai laureandi, o agli specializzandi. Il professore, impegnato in esami e lezioni affida ai suoi studenti, magari bravissimi, il duro lavoro. Gli studenti, a cui non manca l’intelligenza ma a cui manca l’esperienza, si mettono sotto e lavorano, prendono da dove possono, e consegnano il lavoro. Il cattedratico legge, mette la firma e il dipartimento incassa l’assegno. Agli studenti non rimane che un nome in calce al lavoro fatto.

Il DPP è valido ancora, nonostante quello che si sente in giro. Il responsabile del procedimento è il dirigente comunale e di fatto la sentenza non annulla nulla, se non condannare il Comune a risarcire l’Ordine degli Architetti di 14.000 euro.

La sentenza però avrà, speriamo, due effetti. Il primo è avvisare gli altri comuni d’Italia che l’Università deve fare ricerca e non fare il lavoro degli altri. Il secondo è un monito verso gli affidamenti diretti per incarichi di un certo peso, e sicuramente quello economico è l’ultimo.

Per chi è curioso, ecco la sentenza integrale:

DPP – Sentenza Consiglio di Stato vs Comune di Martina Franca

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Commenti

Una replica a “Piano urbanistico. Il Consiglio di Stato condanna il Comune per l’affidamento diretto all’Università”

  1. […] che risale al 2011, si fonda proprio su una polemica, perché l’allora commissario Calvosa affidò la creazione e il coordinamento dell’Ufficio di Piano all’Università di Bari senza coinvolgere gli attori […]

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