L’idea che Villa Carmine potesse diventare uno spazio dedicato ai giovani e alle famiglie sembra naufragare contro un coacervo di interessi. A pochi giorni dalla fine della proroga dell’affidamento della gestione di Arte Franca (ex Tennis Club) al Teatro Kismet, che l’ha gestito dal 2012, non si sa bene che fine farà la villa o comunque quello spazio che era stato sottratto all’abbandono e ai vandali, diventando comunque un luogo pubblico, aperto e disponibile, dove tante associazioni hanno trovato accoglienza e l’opportunità di usarne gli strumenti. Il problema degli spazi per gli eventi, a Martina, si sa, è un problema. Non ci sono spazi pubblici abbastanza decenti per ospitare importanti personaggi e si è costretti ogni volta a pagare chi ha praticamente una posizione di monopolio. Certo, ci sono le piazze, ma questo vuol dire che per fare qualcosa bisogna attendere la bella stagione. Villa Carmine in questi anni è stata una valida alternativa, perché Arte Franca ha funzionato anche d’inverno e con la pioggia, ha funzionato come punto di riferimento per chi faceva cultura, offrendo non solo lo spazio ma anche la possibilità di conoscere compagni di strada.
Ora la struttura, con l’ex Ospedaletto (quest’ultimo ri-aperto alla città grazie all’esperienza di Manufacta), è messo a bando. Cioè, c’è un indirizzo ma non c’è ancora il bando. A pochi giorni dalla scadenza della gestione, non si sa come e quando uscirà, ma si sa che Palazzo Ducale va di fretta. Un bando che prevede fondi? Non ci saranno i fondi? Come saranno affidati? Ci sarà la ristrutturazione? Sarà a carico del gestore, sarà a carico del Comune? Ma soprattutto perchè tutta questa fretta di mettere a bando due strutture ora, senza nessun tipo di chiarezza, senza aver verificato che se ci sono altre opportunità? Da cosa è determinata, in realtà, questa fretta?
Non bisogna però pensare che a Palazzo Ducale si stia con le mani in mano. Ci sarebbero stati diversi incontri perchè le associazioni che fino ad ora hanno usufruito del posto vorrebbero garanzie che Arte Franca rimanga a disposizione della città e non di qualche imprenditore. Tra uffici e corridoi circolano voci di un presunto interessamento di eventisti locali che vorrebbero fare di quello spazio pensato e ristrutturato per le politiche giovanili in sedi di uffici e magari di qualche attività commerciale. Una possibilità, forse, o forse una cambiale elettorale? Chi lo sa?
Quello che si sa per certo è che Arte Franca non è tutta Villa Carmine e che Villa Carmine non è solo Arte Franca. In villa, ad esempio, durante la campagna elettorale l’associazione Martina Tre ha regalato per la terza volta dei giochi per l’area cani. I giochi sono stati distrutti e nessuno si è premurato non di aggiustarli, ma di raccoglierne i pezzi. Nonostante la videosorveglianza (che funziona a singhiozzo). L’area cani è praticamente abbandonata a sè se non fosse per alcuni proprietari coscienziosi che almeno raccolgono la cacca del cane.
Poi ci sono i due livelli superiori, per i quali è stato presentato durante la campagna elettorale un progetto da parte di Visione Comune, che prevede aiuole a forma di chiave di violino e l’abbattimento dei muri che ospitano i graffiti artistici. Villa Carmine, in questa visione (non comune), diventerebbe il salotto buono del centro storico, fatta per accogliere i turisti che godono della vista sulla Valle d’Itria.
Interessi convergenti, interessi divergenti. Il tutto condito dalla difficoltà politica di proporre una visione concreta, che vada poi condivisa con la città, e la capacità amministrativa di gestire il processo. Si perde tempo e si attendono risposte in carta da bollo da enti e uffici. Si sta come d’autunno sulla panchina un pensionato. Il sindaco ha già spiegato che il modello Arte Franca ex Tennis Club non va bene, a differenza di Manufacta, in sostanza, e ha dichiarato che ci sarà un processo di partecipazione per il futuro della villa. Ai processi di partecipazione messi in piedi dall’amministrazione Ancona siamo abituati: grandi riunioni di condominio e poi nel caos si dice che si è fatta partecipazione, solo per nascondere la verità: la decisione è già stata presa a prescindere. Forse non sarà questo il caso, ma è interessante chiedersi come mai finora nè la parrocchia del Carmine nè la scuola che insiste sulla villa hanno fatto qualcosa di concreto per prendersene cura e non parliamo dell’attività commerciale che ha la sede proprio dentro. Esiste un problema: il quartiere si deve riappropriare della villa, deve farla sua. Come? Sicuramente non attraverso l’imposizione di un modello che punti esclusivamente alla sostenibilità economica, come invece cercano di orientarsi a Palazzo Ducale. Può essere la capacità di pagare l’affitto al Comune il discrimine per valutare un progetto piuttosto che un altro, e non invece la capacità di creare ricchezza favorendo l’integrazione o la crescita culturale? Non si sa, si naviga a vista in un mare in cui si muovo pesci grossi (o figli di pesci grossi).
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