La politica è morta. Evviva la politica!

C’è qualcosa di estremamente tragico in quanto accaduto negli ultimi giorni, per quanto riguarda la politica. Al congresso del Pd di Martina Franca tutti gli amministratori dem tranne Tiziana Schiavone, non si sono presentati. Ieri, alle regionali di Lazio e Lombardia, la maggioranza degli aventi diritto non si è presentata alle urne.

Questi due eventi sembrano così lontani tra loro, tranne per il dominio a cui fanno riferimento: la politica dei partiti. Ragionare in termini di analisi della sconfitta è ormai un esercizio retorico che non fa più ridere e ormai anche i comici hanno esaurito gli spunti per i plot delle webserie.

Il boicottaggio da parte del sindaco Palmisano e di tutto il gruppo degli eletti, sembra sia avvenuto per il mancato accordo sui nomi da inserire nel nuovo direttivo del Partito Democratico locale e come gesto simbolico, gli eletti hanno disertato il momento di confronto democratico. Se questo fosse accaduto negli ’70, o negli anni ’80, o anche solo vent’anni fa, sarebbe stato qualcosa che avrebbe paralizzato la città per giorni, sarebbe stato l’argomento discusso nei bar e in piazza e invece oggi non se ne parla nemmeno sui social.

D’altronde, perché mai i cittadini di Martina Franca dovrebbero investire del tempo su questo argomento se ha tutta l’aria di essere una sorta di lite tra due rami della stessa famiglia, considerando che tutti i partiti ormai si sono ridotti a comitati elettorali in naftalina, spolverati per l’occasione di una elezione o per un congresso? Certo, chi segue un po’ la scena politica di Martina sa che ci sono le eccezioni di Visione Comune e di Fratelli d’Italia, ma quest’ultima sembra che dopo le elezioni comunali abbia un po’ tirato i remi in barca, provando a spostare la propria azione verso comitati più o meno civici. Visione Comune, invece, si è data da fare dopo le elezioni, e sembra proiettata a un percorso di autonomia, ma con grandi nodi irrisolti al suo interno, dove convivono diverse anime, anche radicalmente diverse tra loro. Ma nonostante, finora, i tentativi messi in campo per favorire la partecipazione, non è chiaro come si può mettere in discussione l’egemonia della dirigenza, che è un po’ il succo della democrazia, mettendo a sistema anche il fatto che il partito si muove ancora ispirato da quel Franco Ancona che è tesserato al Pd.

Il Pd, scusate la parola, è l’unico partito che fa congressi, anche se di fatto privi di senso politico. La (momentanea) rottura tra la nuova segreteria e gli eletti è stata la conseguenza della mancata convergenza su alcuni nomi, magari condita con qualche parola di troppo. Non ci sono stati scontri su impianti ideologici o visioni sul futuro della città. Non è avvenuta una discussione tipo: “Non si può pretendere che ogni angolo abbia una colonnina per la ricarica delle auto elettriche!” – “Ma lo vuoi capire che il futuro è il trasporto pubblico? Perché non avete utilizzato il PNRR per far arrivare le Ferrovie dello Stato in città?”. No, è avvenuta una cosa tipo: “Se non inviti Tizio io non vengo!” – “Non lo voglio, te l’ho già detto!” – “E allora io non vengo”.

Lo scenario è praticamente simile in tutta Italia, anche grazie alla diffusione dei social media che hanno di fatto reso inutile l’intermediazione della gerarchia di partito per ottenere visibilità, che attraverso la fotosintesi democristiana, si trasforma in consenso elettorale personale (caso a parte Donato Pentassuglia, l’unico che non tiene manco un addetto stampa). Ma è oramai noto che ogni nuovo media genera una tipologia di regime, e così come la radio ha favorito l’avvento del fascismo e la televisione del berlusconismo, così i social media, polarizzando e dividendo hanno favorito l’emergere dei leader populisti (Renzi, Salvini, ecc. ecc.).

In questo scenario disintermediato, quale ruolo per i cittadini? Paradossalmente, anche in questo caso i social media hanno favorito un diverso rapporto con i propri elettori, che possono stipulare un nuovo contratto con gli eletti, diretto, univoco, che non passa per la condivisione delle idee, ma da un compromesso personale. Vedasi ad esempio Michele Emiliano che partecipa direttamente nella chat delle mamme. I partiti non servono più, se la politica vuole solo risolvere problemi e non progettare visioni.

L’agitazione delle mamme era dovuta alla possibile riapertura delle scuole anche in zona rossa (vi ricordate la pandemia?), e il rischio che questo avrebbe comportato. Proprio il covid ha messo in luce tutte le falle del sistema italiano dei servizi pubblici, a cominciare dalla scuola, dove i presidi sono stati di fatto lasciati soli a governare l’emergenza, con qualche spicciolo, la possibilità di costruire muri sacrificando i refettori, e con la necessità di darsi da soli delle regole. Lo stesso dicasi per la sanità pubblica, ridotta letteralmente a un colabrodo, sia per l’assenza di risorse, che per i mancati investimenti in termini di prevenzione e l’esodo dei medici verso la sanità privata, dove sembra ci siano turni più comodi e salari più generosi, con buona pace del servizio pubblico.

La scarsa adesione alla politica potrebbe essere fenomeno di poco conto se non fosse che è un altro aspetto della profonda crisi che stiamo attraversando. I servizi pubblici sono in affanno e si reggono solo sulla buona volontà di una manciata di lavoratori e dirigenti che difendono l’Ente come Stalingrado dai nazisti. Manca una programmazione basata su una reale visione del futuro, in cui saranno scarse le risorse e le materie prime e probabilmente saremo in guerra permanente. E se questa visione invece c’è, non è stata discussa in maniera democratica (che dovrebbe essere il ruolo dei partiti), ma è stata partorita in solitudine come Pinocchio con Geppetto.

La barca su cui siamo sta affondando, anche ad una certa velocità, ma il capitano è impegnato a pretendere dall’orchestra che suoni più forte, lasciando soli mozzi e marinai a tappare le falle e a mettere al sicuro le persone. In questa metafora ci sono alcuni passeggeri che sperano di salire a bordo della scialuppa degli ufficiali, continuando a mostrarsi sorridenti, mentre il resto è impegnato in un fuggi fuggi generale, che alimenta la confusione. La barca sta affondando, ripetiamo, la barca sta affondando.

La politica, che è quella cosa, per chi scrive, che si impara fin dalla scuola, impegnandosi per portare avanti istanze per il benessere comune, se ne frega e si sposta dalle vecchie istituzioni, e si insedia dove trova posto. Da qualche anno sono le aziende private a portare avanti (ok, con un po’ troppo realismo capitalista) innovazioni sociali (pensate alle società benefit, o all’impegno di Patagonia per una moda sostenibile), diventando anche quel luogo di elaborazione di pensiero e di visione che serve per progettare un futuro su una nuova barca.

Quest’ultimo concetto da un lato rallegra, perché la speranza non è morta (il figlio maggiore ha mandato a cagare padre e figliol prodigo), ma dall’altro inquieta, perché le aziende sono tutto tranne che delle agorà democratiche. Il futuro è tutto da scoprire, quindi, e si manifesterà ovunque tranne che dove ce lo aspettiamo.

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Commenti

2 risposte a “La politica è morta. Evviva la politica!”

  1. Avatar Prospero di Nubila
    Prospero di Nubila

    Ho letto con grande interesse il tuo articolo perché condivido il tuo pensiero. Non so se ottimista o più probabilmente pessimista sul futuro della politica. La sopravvivenza dei consessi sociali ormai passa quasi turra non dai contenuti ma dalla visibilità social.

  2. Avatar Gianni Genco
    Gianni Genco

    Condivido. Stiamo rimpiangendo i politici che abbiamo contestato. Martina Franca non conta contano gli interessi, a volte miseri e penosi interessi di pochi.
    Questo è il momento per reagire.

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